Punto vendita: dal trade marketing alla comunicazione
08/07/2008
Quando si muovono le ricerche, sotto sotto c’è il business. Lo sa bene il mercato della comunicazione, che di dati vive, al punto che ogni media non può effettivamente dirsi tale se in suo supporto non c’è una ‘audi’ a certificarne il valore. E anche oggi che si parla di comunicazione integrata, a dettare legge è sempre la forza del singolo. Probabilmente perché il sinergico è più difficile da misurare. Ieri, a Milano, Omd ha presentato i risultati della ricerca 'Il punto vendita come media si può misurare?’, effettuata in collaborazione con Creativity ed Errebi. Youmark ne propone i risultati, chiedendo i pareri a Giovanna Maggioni, direttore generale Upa, e Roberto Binaghi, ceo Omd.
Ripartiamo dal titolo. Perché anche questo è un nodo da sciogliere. Decidere chi fa cosa è un po’ come classificare indirettamente l’oggetto. Anche quando sono in gioco le promozioni sul punto vendita, di cui si è occupata la ricerca in questione, non avulsa da critiche di miopia, nel senso che se di media trattasi, il punto vendita molto più delle sole promozioni dovrebbe potere. Ma non è di questo che ci interessa parlare.
Piuttosto insistere sulla qualifica media. Che implica una chiara definizione di competenze. In azienda, così che anche il punto vendita possa competere alla definizione del media mix, partendo da presupposti di dignità non inferiori al resto e, dunque, senza offesa per nessuno, potendo contare sulla medesima regia che spetta a tv e stampa, tanto per citare i primi due tra i classici.
Ma anche a livello di media. Nel senso che c’è bisogno di ordine, della definizione di concessionarie, di dati e ricerche, di soggetti capaci di controllare l’affollamento, insomma, di percorrere la strada che ha segnato la nascita e lo sviluppo di tutti gli altri.
E a guardare con acquolina al nuovo mondo ci sono pure i centri media. Che da tempo lavorano per garantire ai clienti una pianificazione a tutto tondo, capace di guardare contemporaneamente a tutti i canali. Credendo che i luoghi di aggregazione che nascono da una matrice commerciale possano vestire esigenze molteplici di notorietà, visibilità, engagement e promozione, diventando nel contemporaneo quello che furono le ‘piazze’ del nostro passato.
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