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Pintér guarda il mondo, non dalla serratura - Wikileaks: la vendetta del teaser

03/12/2010

Se Julian Assange fosse come certi uomini di marketing, nessuno al mondo saprebbe cos’è Wikileaks. Un oggetto dal fascino perlomeno discutibile: 250.000 cablogrammi di diplomatici Usa al proprio ministero, dove generalmente si riferisce quello che qualche funzionario d’ambasciata ha letto il giorno prima sul giornale. Niente James Bond. Nemmeno una spiata piccante. 

Nemmeno, non dico un filmino, ma almeno una fotografia. Un infinito castello di parole, perlopiù già sentite, che si alza in mezzo alla società dell’immagine. In sostanza, un incubo burocratico tanto stuzzicante quanto il corridoio delle pratiche di una Asl. 

Nessuna ricerca di mercato, misurandone l’appeal di lettura, gli avrebbe dato l’ok. Eppure Wikileaks è diventato una bomba. Rimbalza da un mezzo all’altro. Pochi ci hanno guardato dentro davvero, ma nessuno può fare a meno di parlarne, di vederci il futuro. Luminoso o fosco che sia. Se Julian Assange è diventato l’uomo più amato, odiato e ricercato del mondo, il segreto evidentemente non è in quello che ha rivelato ma nell’uso abilissimo di un vecchio ferro del mestiere di comunicatori: il teaser. 

Arma di sfondamento di un tempo in cui la pubblicità era il centro di tutti i sogni, chimera del creativo in cerca di qualcosa di diverso, il teaser era quel messaggio a metà, misterioso, talvolta persino senza firma, che occhieggiava dai muri e dai giornali. Creava curiosità e accendeva la suspense fino al giorno in cui la campagna vera e propria avrebbe scatenato un enorme, collettivo 'aaahhhh…'. 

Cominciando a dire, ma lasciando il messaggio a metà, alimentando i giornali ma impedendogli di pubblicare, producendo leaks dei leaks, Wikileaks ha fatto diventare evento l’attesa dell’evento. Ha creato un teaser così grande da oscurare tutto e rendere irrilevante ciò che sarebbe seguito. 

In pubblicità, il teaser ha finito per estinguersi non tanto per carenza di soldi, quanto per carenza di fiducia. Si è cominciato a pensare che non fosse utile creare attesa per qualcosa che, dopotutto, era solo un’altra campagna di pubblicità. E invece, guardando i notiziari di questi giorni, non si poteva fare a meno di notare la parentela con l’immortale teaser interattivo creato da Emanuele Pirella. 'La causa della frigidità è….' Puntini puntini. E logo di Panorama.
In questo caso, cosa venisse dopo i puntini tutti lo sapevano già. E proprio per questo Julian Assange ha dimostrato una cosa che noi pubblicitari abbiamo sempre qualche ritrosia ad affermare. Ma sì. Diciamolo. Una grande campagna può fare grande anche un prodotto un po’ così così. 

Più che la vendetta del teaser, la vendetta delle idee. Consumata a freddo sulla cruda, non sempre così entusiasmante, realtà delle cose. 

Antonio Pintér, direttore creativo Arnold Italia

 

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