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Fabio Franchina, presidente Unipro
La rilevazione Unipro
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Cosmesi italiana: fatturati in calo, meno alla comunicazione

09/07/2009

I dati Unipro parlano chiaro, il fatturato della cosmesi italiana (circa 8.100 milioni di euro) è in calo. Perché ne acquistiamo meno, ma anche perché meno si esporta, specie verso Usa ed Europa, mentre tirano le aree Bric e alcuni paesi asiatici. E se i canali tradizionali tengono (bene soprattutto farmacia ed erboristeria, negativa solo di poco la Gd), a soffrire di più è la profumeria e il professionale. Il che non significa sacrificare la qualità. Le nostre aziende, infatti, non rinunciano alla ricerca, su cui si investe senza risparmio, confermando i livelli degli anni precedenti. Rallentano, invece, i budget di comunicazione. Solo il 23,5% degli intervistati prevede aumenti (nel 2008 erano il 33,8%), comunque insistendo in azioni sempre più qualificate e mirate.

Sulla diminuzione di oltre due punti percentuali del fatturato previsto per il 2009 dalle aziende della cosmesi italiana pesano le incertezze all’interno dei singoli canali e le mutate opzioni di acquisto dei consumatori. E se i canali tradizionali perdono poco soprattutto grazie a farmacia ed erboristeria, con una grande distribuzione solo leggermente negativa, la profumeria va male. Così come i canali professionali, in particolare i saloni di acconciatura, dove diminuisce anche la frequenza delle visite.

Alla generalizzata contrazione dei consumi fa da contraltare una propensione d’acquisto sempre più attenta e differenziata. E se il consumatore non può più rinunciare alle abitudini che rientrano nella sfera ‘igene-bellezza’, è sempre più attento al concetto di value for money, risentendo del timore di una ripresa economica non così vicina. Non a caso, la rilevazione congiunturale di metà anno evidenzia il forte abbassamento della domanda interna per i primi sei mesi, mentre è attesa una ripresa, o quantomeno una minore tensione, sui consumi nella seconda parte del 2009. 

Il mercato dell’acconciatura professionale è quello che più di altri risente del calo di domanda. La diminuzione delle presenze nei saloni e il minor fatturato della rivendita condizionano i risultati attesi, -7,1% nel primo semestre 2009 e -5,5% nel secondo semestre. Per un mercato che non supererà i 690 milioni di euro, incidendo la vendita rallentata del colore, sostituita in parte dall’uso di soluzioni domestiche. Anche le vendite nei centri estetici confermano le difficoltà dei canali
professionali.
Per la prima parte dell’anno si evidenzia una contrazione del 4%, con previsione meno pessimistica nel secondo semestre, per un totale mercato che non supera i 200 milioni di euro.

L’erboristeria, invece, cresce. Nel primo semestre di due punti percentuali mentre nel secondo di 2,5%, sino ai 330 milioni di euro. 

Le vendite di cosmetici in farmacia sembrano risentire meno del generale calo di domanda, anzi registrano una crescita del 3% nel periodo gennaio-giugno 2009 con un valore totale del mercato che tocca 1.400 milioni di euro. Per la seconda parte dell’anno si confermano previsioni positive (+3,5%), con farmacie a esprimere con facilità l’attenzione all’investimento sul prodotto cosmetico i cui prezzi registrano incrementi inferiori alla media. Il 30% degli skin care è ormai qui venduto e percentuali più alte si segnalano per gli anticellulite, i solari e i curativi.

La grande distribuzione nel primo semestre rileva un -0,5, attendendo una ripresa di segno opposto, +0,5%, nella seconda parte dell’anno, sostenuta dal nuovo fenomeno della specializzata e delle catene dedicate alla cura delle persone e della casa. Per sostenere il canale, che copre oltre il 40% del mercato cosmetico nazionale con un valore che nel 2009 supererà i 3.600 milioni di euro, le imprese hanno sviluppato grossi investimenti negli assortimenti, cercando di ottimizzare i posizionamenti dei prezzi. Significativo, e comprensibile, l’aumento delle vendite nei discount. 

-3% la performance delle profumerie tra gennaio e giugno, a -2,2% per fine anno
. Se si considera che nel 2008 si è registrato un incremento prezzi del 5,7%, è facile comprendere il calo di questo canale, che tuttavia rappresenta il secondo
mercato cosmetico, dopo la grande distribuzione, con oltre 2.350 milioni di euro. Inoltre, il settore è condizionato da andamenti disomogenei negli oltre 5.000 punti vendita, con tenuta di consumi di make-up e contrazione degli skin care. Minore il calo dei consumi delle fragranze.

In rallentamento, rispetto agli ultimi esercizi, le previsioni delle aziende che producono in conto terzi. Il primo semestre 2009 registra una indicazione negativa di cinque punti percentuali, -4% è invece la previsione per il secondo. Il settore, che tradizionalmente anticipa le tendenze della domanda finale, è condizionato, più per il mercato italiano che non per quello estero, dalle significative preoccupazioni sui consumi finali che abbassano molto i livelli degli ordinativi. A questo occorre aggiungere il peso sia dei costi delle materie prime che dei trasporti, oltre ad un preoccupante innalzamento della percentuale dei ritardati pagamenti.

Gli investimenti in ricerca e sviluppo, che esprimono la costante evoluzione della qualità di prodotto e servizio, proseguono sui ritmi sempre sostenuti degli esercizi passati nonostante il generalizzato rallentamento della domanda. Solo il 2,0% degli intervistati infatti prevede una diminuzione degli investimenti, contro il 2,1% della precedente rilevazione. Ciò conferma la natura e la competitività delle imprese cosmetiche italiane, pronte a modificare le strategie commerciali in funzione delle generalizzate flessioni di domanda, senza rinunciare all’attenzione ai processi di innovazione.

In questo momento di particolare incertezza, a rallentare sono invece gli investimenti in comunicazione. Diminuisce, infatti, la percentuale di chi prevede aumenti, 23,5% rispetto al 33,8% della precedente rilevazione, a conferma di azioni di comunicazione e di qualificazione sempre più mirate ma condizionate dalla preoccupazione di distrarre le fonti di finanziamento.

L’andamento previsto per i costi di produzione, dove solo il 39,3% degli intervistati prevede un aumento, a fronte del 62,2% della precedente indagine, conferma la pronta reazione delle imprese al contenimento dei prezzi petroliferi che impattano in maniera evidente sui costi generali di produzione. E’ uno dei pochi segnali positivi di questa rilevazione e consente al sistema produttivo di non sacrificare le marginalità in un momento di contrazione della domanda. Conferma ulteriore dell’attenzione alle strategie di controllo dei costi arriva dalle risposte che registrano un aumento dell’incidenza delle materie prime sui costi di produzione: per il 54% degli intervistati pesano fino al 3% dei costi di produzione, il 28% indica un’incidenza compresa fra i 3% e il 6%, solo il 18% iparla di un peso superiore al 6%.

 

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