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'Web-Reloaded' il report a firma Arthur D. Little
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Servizi a pagamento per il nuovo business in rete

15/03/2007

A livello europeo è già il terzo canale di fruizione di contenuti media. Il web 2.0, imponendosi, apre nuovi scenari, contaminando gli stessi modelli di business. La nuova sfida è tutta sui contenuti, con la ribalta dei servizi a pagamento. Intanto, però, al web va solo il 3,7% della spesa pubblicitaria.

In occasione della presentazione dello studio ‘web reloaded’, a firma Arthur D. Little dello scorso febbraio, (http://www.adlittle.com/insights/news/?id=33 ), abbiamo incontrato Fabrizio Arena, manager Arthur D. Little personalmente coinvolto in questi lavori di ricerca, per capire quali sono le conseguenze rilevate. Se, infatti, il web2.0 ha definitivamente cambiato il modo di ragionare la rete, è interessante indagare qual è il modello di business perseguibile dalle aziende che intendono cavalcare le opportunità offerte dalla ‘nuova’ rete. 

Il nuovo Internet
Innanzitutto, Arena ha tenuto sottolineare come il web 2.0 rappresenti una forma ‘evoluta di internet’, un centro di aggregazione di tutte le tecnologie, in cui la rete, da semplice canale per raccogliere/veicolare informazioni, diviene strumento per fornire servizi integrati, in grado di soddisfare molteplici bisogni dei consumatori : l'entertainment, le transazioni, la socializzazione.
“ I grandi elementi di novità rispetto al passato sono rappresentati dalla centralità del ruolo dell'utente, che non è più solo un mero ‘consumatore’, ma anche ‘produttore’ di contenuti (le parole chiave del web 2.0 sono infatti ‘sharing’, ‘personalizzazione’ e ‘interattività’) e dall'evoluzione del contesto competitivo, che vede le internet companies lottare per ‘disintermediare’ progressivamente gli access provider (tipicamente i tradizionali fixed e mobile operators) nel rapporto con il cliente finale”. 

Come tutto questo si traduce a livello di business?
“L'attuale modello di business delle web companies prevede l'offerta gratuita di gran parte dei servizi agli utenti, basando i propri ricavi esclusivamente, o quasi, sull'advertising, basta pensare ai principali players del settore, i così detti ‘incumbent’, Google e Yahoo, i cui ricavi derivano dalla pubblicità, rispettivamente per il 99% e l'82%. Con l'offerta di servizi gratuiti, le web companies hanno parzialmente eroso il valore per i tradizionali operatori di telecomunicazione, ma, per il futuro, ci si attende che i servizi a pagamento possano nuovamente giocare un ruolo importante”.

Cosa possiamo immaginare ci sarà dopo il web 2.0?
“Molti e diversi sono gli attori interessati al processo di sviluppo del web 2.0 : web companies, mobile e fixed operators, cable operators, content producers (incluse le media companies), produttori di apparecchiature di rete e terminali. Lo scenario futuro vedrà presumibilmente i diversi soggetti alla ricerca di una possibile convergenza delle differenti catene del valore”. 

Quali sono le conseguenze che il web 2.0 ha e avrà sul modo di intendere i media e di costruirne i contenuti?
“Il web 2.0 rappresenta già oggi, a livello europeo, il terzo canale di fruizione dei contenuti media, con il 20% di share, dopo tv (33%) e radio (30%).
La sua capacità di aggregare gruppi di interesse e di creare network porterà necessariamente a una ‘clusterizzazione’ avanzata della clientela e, conseguentemente, alla creazione di contenuti sempre più mirati, dedicati a ‘user group’ che sarebbero troppo piccoli per i tradizionali ‘media channels’”. 

Quali le prospettive per la comunicazione, ossia qual è la via per rendere più efficaci i messaggi di aziende e brand all'interno di un contesto così destrutturato?
“Dal punto di vista delle aziende, l'elevata clusterizzazione della clientela tipica del web 2.0 dovrebbe portare a un incremento dell'efficacia delle campagne di comunicazione.
Naturalmente, ciò potrà avvenire solo qualora le aziende decidano di allineare il trend di spesa delle risorse investite nell'online advertising ai trend di crescita del consumo dei contenuti media su internet (a fronte del citato 20% di share di internet in Europa solo il 3,7% della spesa pubblicitaria è infatti oggi destinata al canale web)”.


CHI E’ FABRIZIO ARENA
Fabrizio Arena,
laureato in economia e commercio, è in Arthur D. Little dal gennaio del 2006 come manager dell’ufficio di Roma, nell’ambito della Time practise (telecommunication , information, media & electronics). Antecedenti le esperienze nel campo della consulenza aziendale e della finanza d'impresa, particolarmente nei settori: telecommunication, energy and utilities; automotive; media & entertainment.



 

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