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Igor Righetti: politici a scuola di comunicazione

14/07/2008

Il pretesto lo hanno dato le ultime elezioni democratiche americane. Perché lì l’utilizzo della rete per informarsi, e non solo, ha numeri da boom. Da noi, invece, il piatto piange. E se da un lato si incolpano i politici, dall’altro non si può dimenticare che in Italia esistono ancora due milioni e mezzo di analfabeti. Elettori, comunque, che i partiti non vogliono perdere. Ecco perchè, alla fine, continuano a vincere manifesti e santini. Ne parliamo con Igor Righetti, massmediologo. 

Il problema non è solo nel media. Ma anche nella forma. Perché la comunicazione politica di certo non è al passo con la comunicazione tout court. Lo dimostra la stessa abilità oratoria dei nostri rappresentanti. Errori grossolani. Come iniziare la frase con ‘guardi’ quando l’intervista è radiofonica, piuttosto che con ‘niente’, quando si ha un mare di cose da dire, di certo non rendono merito all’orecchio di chi ascolta. 

Che altrettanto si indispettisce per l’allungamento fuori misura delle vocali, evidente sinonimo di chi sta prendendo tempo, piuttosto che per l’abuso nel ricorso a frasi fatte, togliendo originalità ai discorsi. Quando, invece, oggi come mai prima, la comunicazione ha bisogno di segni distintivi per uscire dalla marmellata di messaggi cui siamo tutti sottoposti. 

In risposta, poi, tanto va di moda l’infotainment. Ma anche qui attenzione, in agguato è il rischio di un intrattenimento a tutti i costi, più stucchevole che producente. Tanto che, ove l’arte oratoria non vi appartenga, meglio non esagerare attenendosi a poche e semplici regole, di una tecnica che si può imparare, per discorsi chiari, semplici personalizzati e sentiti. 

Ai politici italiani un ultimo consiglio. Perché non imparare dai colleghi americani, dalla loro comunicazione, tutta emozionale e coinvolgente? Concentrati come sono, solo sul voto, infatti, i nostri rischiano l’impoverimento.

 

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