Quelli che a Cannes…per ‘giurare’/ Il nuovo dell’India è la massa
19/06/2008
Che l’outodoor non sia più solo affissione si sa. La novità è l’interattività, portando questo media a liberarsi per sempre dell’appellativo di cugino povero di stampa e tv. Soprattutto perché mezzo potenzialmente autonomo, vestendo anche le opportunità di sperimentazione. E a vincere sono le campagne in cui quello che vedi rapisce con la forza dell’intento del messaggio. E’ il preambolo che Prasoon Joshi, executive chairman McCann India, nonché presidente della Giuria Outdoor a Cannes, ritiene doveroso fare nell’inaugurare la chiacchierata con youmark.
E subito vale la pena di chiarire, citando in apertura la campagna che Prasoon indica come esempio top: ‘The Solar Power’ vincitrice dello scorso Cannes. Il perché è tutto in quello che in essa vedi. Molto più, dunque, della capacità di ispirare, ma anche di emozionare. La differenza, infatti, sta nella capacità di aver espresso il suo intento.
Perché la creatività outdoor deve essere capita alla velocità di un battito di palpebra, vincendo contro la vita che le pulsa intorno. Inutile dire, dunque, che deve essere pensata ad hoc, non come ancora spesso accade traslata da altro. E i lavori che sfilano a Cannes almeno questo l’hanno capito.
Cosa pensi della pubblicità italiana?
“Onestamente non conosco molto il vostro mercato. Quello che si percepisce è che la pubblicità non ha raggiunto la verve creativa che contraddistingue la vostra moda, il design. Ed è un peccato. Per i giovani dovrebbe essere stimolo.”
Vincere un leone a Cannes è importante per il new business?
“I nuovi clienti non cadono tra le braccia più a nessuno. Nemmeno a chi vince a Cannes. Ma non significa che non sia importante. In primo luogo per l’orgoglio e la motivazione che ne deriva. In secondo perché un Leone consente alle campagne di passare alla storia, anziché esaurirsi nel periodo della loro vita”.
Quali gli errori da non fare nell’outdoor?
“Preferisco il positivo. Perché funzioni l’outdoor deve essere pensato come mezzo leader, non come promemoria per altro”.
Cosa fai nel tuo tempo libero?
“Non credo nei comportamenti stagni. La vita è un’evoluzione fluida. Io ne ho due. Parallela a quella di pubblicitario, infatti, c’è quella per Bolliwood, come sceneggiatore e autore di canzoni. Entrambe mie passioni. Che si alimentano a vicenda, sfumando i reciproci confini”.
Come sta cambiando il tuo paese, chi è oggi il consumatore indiano e quali le sfide per la comunicazione?
“L’India è cambiata e sta cambiando. Anche la sua pubblicità, che è poi il riflesso dell’azione delle due forze, sociale ed economica, maggiormente in evoluzione oggi. Sono arrivate le multinazionali, sta aumentando il benessere e con esso la possibilità di scelta del consumatore. Per la prima volta possiamo ragionare la comunicazione di massa, prima c’erano solo nicchie. Anche i media si sono moltiplicati, dalla preminenza della stampa, con solo un paio di canali tv governativi, al proliferare dell’editoria privata, con oltre cento canali”.
Esiste un modo indiano di essere creativi?
“La bellezza dell’India sta nella diversità. Bastano 100 km di distanza perché tutto cambi. Cibi, abitudini, lingua. A questo si aggiungono le contraddizioni. Per strada si vedono Bmw e carri trainati da vitelli. La digitalizzazione convive con chi sta per acquistare la prima televisione. In quanto scrittore, lo trovo affascinante. Come pubblicitario, inquietante. Perché nulla è più difficile di approfondire la psiche dei nostri consumatori, con l’obiettivo non tanto di comunicare a, ma di connettersi con. Il tutto coerentemente con il nostro Dna culturale”.
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