Dimmi come compri il cotone e ti dirò di dove sei
19/05/2008
Se per gli europei sono i piccoli negozi a vestire le preferenze di shopping, specie quando in gioco ci sono capi all’ultima moda e soprattutto quando a essere chiamati in causa sono i consumatori italiani, in Asia a vincere è ancora il bazar. A dirlo è l’edizione 2008 del Global Lifestyle Monitor, ricerca condotta da Synovate per Cotton Council International, per indagare le abitudini d’acquisto in Europa, Sudamerica e Asia. Ma non solo. Sotto indagine anche l’identificazione delle fibre preferite, le caratteristiche premianti in un capo e altro ancora. Youmark ha approfittato della presenza in Italia di Allen A. Terhaar e di Stephanie Thiers-Ratcliffe, rispettivamente executive director e international marketing manager Cotton Council, per una chiacchierata sul tema. Ricordando che il 2009 sarà l’anno internazionale delle fibre naturali.
Dichiarato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per celebrare le fibre naturali nel mondo. Con il cotone a rappresentare la più diffusa, valendo circa il 90% della produzione mondiale, traducendosi in un mercato di centinaia di milioni di dollari e milioni di persone occupate. In piena sintonia, inoltre, con le esigenze della nuova ricerca di ‘sostenibilità’, essendo un prodotto naturale e biodegradabile.
Ma veniamo ai risultati più salienti della ricerca. Come già detto, piccoli negozi e bazar rappresentano la discriminante fra Europa e Asia, quando in gioco è il capo d’abbigliamento. Perché, se guardiamo alla biancheria per la casa, eccezione fatta per l’India, che anche qui premia le ridotte dimensioni, nel resto del mondo si scelgono centri commerciali, ipermercati e catene.
In ogni caso, poi, il punto vendita attrae per varietà dell’offerta e bontà dei prezzi, anche se Germania e Italia ci badano un po’ meno. Alla convenienza, s’intende. Il nostro paese, inoltre, è quello che, fermo restando una frequenza d’acquisto internazionalmente condivisa di almeno una volta al mese, spende di più. Con i 284 euro pro capite degli ultimi tre mesi, è raggiunto solo dagli Uk.
A seguire Germania, 258, e Giappone, 206. Fanalino di coda india e Thailandia, rispettivamente con 35,5 e 49 euro. Anche se va sottolineato come pure in India aumenti la percentuale delle persone che almeno una volta al mese può permettersi un acquisto, passando dal 15% del 2006 al 28% attuale. Essendo determinante il consiglio amici, parenti e colleghi, pur se vetrine e manichini spingono all’acquisto nel 56% dei casi.
Particolare, poi, come in Italia le t-shirt, che dominavano lo shopping negli anni passati, siano state superate dalla biancheria intima, cui, negli ultimi tre mesi, sono andate le preferenze del 73% degli intervistati.
A convincere è in primo luogo la qualità, 90% degli intervistati del mondo, seguita da resistenze, colore, stile e prezzo. Il che fa sembrare tutto il mondo paese. Le differenze, invece, emergono rispetto alle informazioni sul prodotto. Con Italia, Cina e Giappone a staccarsi dal resto per l’attenzione che ben il 40% delle persone pone sui materiali che indossa, riportati sulle etichette. Dicendo no a fibre sintetiche come poliestere e nylon.
Curioso, poi, capire per cosa si è disposti a spendere di più. Per inglesi e tedeschi è l’idrorepellenza di un capo a diventare plus, contro l’umidità delle giornate di pioggia. In Brasile e Turchia, invece, è la resistenza alle macchie. Per tutti, comunque, resta indispensabile la facilità di pulitura e cura del capo.
Riguardo alla sostenibilità, infine, gli italiani più sensibili all’argomento sono i 45-54 enni, preoccupati soprattutto per l’uso di pesticidi nelle coltivazioni di cotone e di sostanze chimiche nella produzione di fibre sintetiche. Anche se solo il 17% di loro conosce l’esistenza del cotone biologico.
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