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Goeta-Camuri/ Scoa: dalla formazione al coaching

22/04/2008

Come dire, dalla teoria alla pratica, puntando dritto all’azione. Perché in un mondo dove il cambiamento è routine, parole d’ordine diventano ‘flessibilità’, ma anche consapevolezza. Con i nuovi scenari competitivi a ‘piegare’ le aziende a prospettive di breve, lasciando a ognuno la responsabilità del suo percorso nel lungo. Youmark ne parla con Gian Franco Goeta e Alberto Camuri, rispettivamente presidente e direttore divisione ValYouFarm Scoa The School of Coaching. 

Non è facile fare il manager oggi. E lo dimostra la crescente richiesta di coaching, soprattutto nelle aree cross funzionali, a livello di direzioni generali, dove le pressioni sono avvertite più intensamente. Spesso sono le stesse aziende a sentirne la necessità. Per sostenere la crescita delle persone chiave in periodi di cambiamento, di maggiori sfide. 

Perché coaching non significa formazione. Almeno non come tradizionalmente intesa. Alla stregua di quanto avviene in ambito sportivo, da cui peraltro il termine è stato mutuato, l’obiettivo qui è l’azione, il miglioramento delle competenze comportamentali. La capacità di agire in una determinata situazione, di risolvere problemi, di raggiungere traguardi, di innovare. 

Non a caso, fondamentale per il successo è la qualità del coach, così come il rapporto che si instaura tra lui e il manager. Ecco perché il percorso per diventare tali dura circa un anno e mezzo, implicando molto lavoro su sé. A partire dalla capacità di ascoltare, che non è prerogativa scontata, così da lasciare all’altro il ruolo da protagonista. In un rapporto faccia a faccia che della sintonia e della cooperazione faccia i suoi plus. 

Anche perché i costi di questa formazione sono tutt’altro che banali. Variando quello orario dai 200 ai 400 euro, a seconda del livello del manager di riferimento. Considerato che in media un percorso si articola in 30-40 ore, arriviamo dagli 8.000 ai 12.000 euro. 

D'altronde, con le aziende concentrate sul breve per fronteggiare il complesso scenario competitivo, tocca sempre più al manager ‘badare a se stesso’, sentendosi responsabile del proprio percorso di carriera. Così che la flessibilità possa essere opportunità, nella consapevolezza del costante collegamento al contesto in cambiamento.

 

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