Chiantini: in Italia difficile tutto. Specie fare il regista a trent’anni
15/04/2008
Ed è la voce di uno che ce l’ha fatta. Dal 18 aprile, infatti, sarà distribuito in oltre cento sale il suo ‘L’amore non basta’, terzo film da lui realizzato, che ha chiuso a Milano, domenica 13 aprile, l’ultima edizione del Miff, mostrandosi al pubblico in anteprima mondiale. Nella chiacchierata con youmark che ha preceduto il debutto, il regista abruzzese soprattutto lamenta la ‘supremazia’ romana, consapevole che nemmeno il talento basta. A supportarlo le conoscenze. Che anche nel suo caso hanno fatto la differenza.
Con un nome. Giovanna Mezzogiorno. Anzi, più d’uno, perché senza l’intervento di Rocco Papaleo forse questa storia non avrebbe conosciuto vita o, almeno, non così e non ora. Senza dimenticare il supporto di Alessandro Haber, con il quale, peraltro, c’è stato di che ridire durante la conferenza stampa dell’11 aprile a Roma, per il taglio di una scena non apprezzato dall’attore. Ma che il regista continua a rivendicare come pertinente.
Così come, al contempo, tra tutti giudica determinante il ruolo degli attori che, date sceneggiatura e regia, possono veramente fare la differenza. Come è successo a questo film. Non una storia d’amore, nonostante l’inganno del titolo, ma dolore, sofferenza, incomprensione. Perché, appunto, il sentimento non basta, schiacciato dalla vita. Raccontata dall’egregia prestazione di ognuno dei protagonisti di questo film, di cui restano da menzionare AlessandroTiberi, Ivan Franek e Marit Nissen.
E se il successo di ‘botteghino’ lo deciderà solo il futuro, certamente questa produzione già parte con il vantaggio della distribuzione, a cura Mediafilm, in genere problema primo per qualsiasi ‘indipendente’. Oltre a poter contare su una casa di produzione costituita ad hoc, la Liupo Film, con Fabio Antonelli e Selvaggia Sada a mettere il loro capitale privato a servizio del cinema.
‘L’amore non basta’. Toni ironici e malinconici, mischiati ed arricchiti dall’intervento di Papaleo che, con Chiantini, firma anche la sceneggiatura, esortando da subito il regista a proseguire. Consentendogli di arrivare al ‘sogno Mezzogiorno’, che per questa storia torna a imnpegnarsi in una produzione italiana, dopo Hollywood e Wenders.
Un film sospeso, come lo stesso Chiantini ama definirlo. Mutuando anche la sensazione suscitata nello spettatore, che in questa storia non trova soluzioni, ma nemmeno spiegazioni, forse addirittura nessi. Vagando alla ricerca di un percorso da tracciare e continuare, per un finale, liberatorio e atteso, che non arriva mai e di cui unico punto stabilmente certo è proprio lei, Giovanna Mezzogiorno, attorno cui tutto il resto gira.
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