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Macgregor-Hastie: a Parigi con Lowe. Creatività italiana Ko

31/03/2008

Se ne va con l’amaro in bocca. Lasciandosi alle spalle un panorama desolante. Con i clienti che non si fidano delle agenzie e le agenzie che hanno paura di difendere il proprio lavoro. Lo racconta a youmark l’ex direttore creativo esecutivo di Publicis Italia, pronto a una nuova avventura professionale. 

Il mondo lo ha girato parecchio, ma questa volta non fa le valigie proprio a cuor leggero, perché nel nostro paese ci vive da sette anni e comunque non è più un ragazzino. D’altra parte la gente da secoli va dove c’è il lavoro e lui già da un po’ sentiva che era arrivato il momento di svoltare un’altra volta

Siamo proprio senza speranza?
“Quando sono arrivato lasciavo Barcellona. Era il 2001 e si aveva la sensazione che anche qui un po’ di cose potessero cambiare. Sull’onda di un ottimismo economico c’era voglia di fare. E anche la creatività nutriva qualche speranza. La pubblicità è la punta dell’iceberg dell’economia, il contesto lasciava ben sperare. Pensavamo che una nuova generazione di direttori creativi, post Pirella, post Barbella, post Sanna, sarebbero riusciti a conquistare credibilità e quindi anche potere decisionale”.

E invece cos’è successo?
“Nel 2003 Giovanni Porro e Roberto Greco hanno firmato il pluripremiato spot ‘The Sculptor’ per Peugeot. Sembrava che finalmente avessimo svoltato, riuscendo a far vedere al mondo e ai clienti che anche l’Italia era in grado di produrre creativamente qualcosa di buono. Purtroppo non è stato un punto di partenza, quanto piuttosto il rush finale di un percorso divenuto via via sempre più frustrante”.

I nostri ‘mali’ sembrano essere principalmente due: scarsa credibilità da parte delle agenzie, scarsa voglia di rischiare da parte delle aziende. Concordi?
“L’Italia, in generale, è diventato un paese a cui manca la voglia di innovare. Si guarda alle spalle e non pensa ad andare avanti. Forte di una cultura e di un passato, diventati quasi fardello ingombrante. E poi non è prevista la possibilità di sbagliare. Sbagliare è fondamentale, tutto il mondo sbaglia. E’ proprio dagli errori che spesso nascono le migliori innovazioni”.

Però, a nostra discolpa, c’è chi fa presente la mancanza di fiducia da parte dei clienti.
“Alla base c’è una questione di rispetto e anche dell’incapacità delle agenzie di far valere il proprio lavoro. Non si possono fare ventotto presentazioni prima di ottenere l’approvazione di una campagna. Bisogna credere nelle proprie idee e difenderle a oltranza. Invece il terrore di perdere il budget fa abbassare la testa, perché sappiamo che fuori dalla porta, in coda, ci sono altre agenzie disposte ad accettare queste regole. Non abbiamo spirito di corpo e forse ci manca, al contrario di altri paesi, anche una buona dose di arroganza”.

Fino a un certo punto il meccanismo ha funzionato. Quando il sistema si è inceppato?
“Il lavoro creativo è fatto di persone, di talenti. I talenti costano, per questo un cliente dovrebbe rivolgersi alle grandi sigle, in grado di chiamarli a sé. I migliori creativi vanno dove ci sono i grandi budget. Se i soldi cominciano a scarseggiare, i talenti vengono sostituiti dagli stagisti. Non è proprio la stessa cosa. Perché gli stagisti bisogna farli crescere e per farli crescere ci vuole qualcuno in grado di farlo”.

Marco Cremona in una nostra recente intervista ha suggerito anche ai ragazzi di andare all’estero. Concordi?
“Una volta si diceva loro di andare per aprire i propri orizzonti, assorbire e tornare. Oggi è meglio che non rientrino”.

Al rilancio non è servito nemmeno lo scossone di internet, di una visione più integrata della comunicazione?
“Credo che con il web abbiamo perso un altro treno. Anche qui ci sono strutture capaci, ma sono decentrate e difficili da individuare. Più semplice rivolgersi all’estero, a nomi ormai noti ai più”.

Cosa ti riserva il futuro?
“A partire da maggio mi occuperò della creazione di un hub creativo a Parigi per lo sviluppo di una comunicazione creativa media neutrale, principalmente per i prodotti Unilever a livello mondiale, e con particolare attenzione rivolta ai paesi del Bric, cioè Brasile, India, Russia e Cina. Lowe Worldwide è la principale 'roster' agency del gruppo anglo-olandese Unilever, il secondo investitore in pubblicità nel mondo. Che ha dimostrato una fortissima attenzione alla creatività. Un esempio per tutti, la case history Axe. Oltre a seguire Unilever e altri clienti internazionali, mi occuperò anche di new business per Lowe”. 

Un augurio all’Italia?
“Che chi lavora in pubblicità non perda l’entusiasmo. Entrando in ufficio alle nove di mattina e non vedendo l’ora di uscire alle sei del pomeriggio”.

Chi è Alasdhair Macgregor-Hastie
Piemontese di padre scozzese, inizia in pubblicità nell’86 come copywriter in Livraghi, Ogilvy & Mather di Milano. Qualche tempo dopo passa in BJK&E (’87), poi in Universal (’90) e infine in McCann Roma (’96). Firma campagne per Mattel, Fiat, Coca-Cola, Nestlé, Opel, Jacuzzi e tati altri. Da Roma viene chiamato dalla Bozell (’96), poi Fcb, ad assumere la direzione creativa associata della sede centrale europea a Bruxelles su Chrysler/Jeep. Qui crea la comunicazione per 37 paesi in Europa, Asia e Oceania. In più lancia la campagna internazionale per gli zaini Eastpak. Nel 2000 si trasferisce a Barcellona, dove assume la direzione creativa esecutiva della Delvico Bates, la direzione creativa mondiale di Ralston Purina ed entra a far parte del board creativo di Bates Worldwide. L'anno dopo diventa direttore creativo esecutivo di Publicis Italia, con responsabilità diretta su tutti i clienti dell’agenzia. Lo scorso 6 marzo viene comunicata ufficialmente la sua decisione di lasciare l'incarico.

 

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