Nicola Vaccari/ Ferplast: alla faccia del ‘figlio di papà’
21/03/2008
Un’azienda da 90 milioni di fatturato, diversificato nelle quattro linee produttive, cani gatti uccelli e roditori. A cui si è aggiunta quella acquari, strategicamente pensata per introdurre il cambio generazionale. Così che il figlio potesse da subito contare, per competenza, non per diritto. Recente la nomina di Nicola Vaccari, 30 anni, a direttore generale Ferplast, succedendo al padre Carlo che mantiene un ruolo consulenziale, oltre a occuparsi del prodotto. Il tutto a pagamento, come scherzosamente tiene a precisare inaugurando la chiacchierata con youmark.
Forte di un’esperienza decennale, avendo girato le diverse filiali dell’azienda di famiglia, iniziando a soli venti. Preferendo le lingue all’università. Aiutato anche dal boom degli animali domestici, dal decremento demografico, per cui cani e gatti diventano i ‘bambini’ di casa, e dal progressivo invecchiamento della popolazione italiana. Tenendo però a precisare che quanto a Ferplast interessa non è una produzione propriamente di nicchia, ma i grandi numeri, offrendo un’ampia possibilità di scelta anche nell’acquisto di prodotti usuali e ordinari, rifuggendo leziosità troppo alla moda.
Un politica che ha fatto registrare oltre l’80% del fatturato all’estero, realizzato dai tre centri produttivi. La casa madre a Castel Umberto, Vicenza, che dà lavoro a circa 300 persone, e quelle in Slovacchia, 220 persone, e Ucraina, 300. Una delocalizzazione, dunque, che non ha ‘tolto’ all’Italia, cui continuano ad appartenere i vanti della ricerca, offrendo garanzie di qualificazione.
Non a caso, contro la concorrenza cinese, la tecnologia è l’unica risposta. Pur continuando a fronteggiare anche quel tipo di concorrenza, avendo la delocalizzazione permesso di calmierare i prezzi.
Quali i pro e contro di essere figli d'arte, dunque di ereditare un'azienda come la tua?
“Rispetto all’offerta dei nostri clienti, 12.000 in tutta Europa, dagli indipendenti alle catene specializzate, dal fai da te agli iper, ci mancava l’acquariologia. Mio padre ha usato questa opportunità per accompagnare il mio ingresso dirigenziale in azienda. Un modo per crearmi da subito un’identità, lavorando e collaborando trasversalmente con i diversi uffici e reparti alla realizzazione della nuova linea. Lasciandomi anche sbagliare. Oggi, dopo quattro anni dalla partenza, gli acquari valgono il 15% del nostro fatturato e sono in continua crescita”.
Quanto conta per voi la comunicazione, quanto ci investite e come?
“Conta molto e ci investiamo molto, rispetto al nostro settore. Il 3-4% del fatturato. Soprattutto cataloghi, brochure, capillare partecipazione a fiere, nazionali e internazionali. Advertising stampa, anche testate nazionali, 'Panorama', 'Corriere della Sera', 'Donna Moderna'. Volantini. La televisione, invece, per noi è troppo cara. Il fatturato italiano, infatti, vale 17 milioni di euro, sarebbe assurdo investirne 3 nello spot. Molti, invece, gli eventi di settore cui partecipiamo in qualità di sponsor, dalle competizioni canine agli happening sul punto vendita. E all’estero ci muoviamo in modo pressoché analogo”.
Chi sono i vostri partner in comunicazione?
“Molto del lavoro viene svolto dal nostro reparto interno. Sette persone completamente dedicate a marketing e comunicazione. In quanto ai consulenti esterni, dipende dal progetto. Tre anni fa abbiamo ‘rinfrescato’ il logo appoggiandoci alla milanese Univisual. Oggi stiamo lavorando al rifacimento del sito internet con l’agenzia Work Up di Bassano del Grappa. Per le media relation, infine, abbiamo scelto Imageware”.
Cosa significa essere azienda nel 'nord est produttivo', ossia cosa c'è e cosa manca nel vostro territorio, quali sono gli interventi che reputate necessari per garantire facilità di lavoro alle imprese?
“Il primo confronto lo farei tra Italia e resto d’Europa. Uk, Germania, Francia. Perdiamo su più fronti, lavoro, flessibilità, costi. Abbiamo gli stipendi più bassi, ma il costo azienda è almeno il 10% più alto che negli altri paesi. In quanto al nord est, poi, le strade restano un problema fondamentale. I camion fermi nel traffico sono un costo, per non parlare dell’inquinamento che il medesimo disagio produce”.
Qual è la leva di marketing che ritenete più strategica?
“Oggi i prodotti hanno un ciclo di vita sempre più breve. L’obiettivo è creare un margine per il negoziante, proponendo linee nuove a maggior valore aggiunto, premium price che inducano il consumatore a cambiare il vecchio per il nuovo. Per questo lanciamo due prodotti nuovi al mese, sempre nell’ottica di soddisfare contemporaneamente il senso estetico del consumatore e il benessere dell’animale. Senza ricerca e innovazione, infatti, ci si ridurrebbe a una concorrenza solo di prezzo”.
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