Per la prima volta ‘misurati’, i creativi freelance vogliono pesare
19/03/2008
Freelance per scelta. Spazzando via quell’aurea ‘sfigata’ che spesso viene associata al nome. Che invece potrebbe essere forza per il sistema creativo italiano. Tanto che un gruppo di sostenitori prosegue il lavoro intrapreso con il primo congresso, in nome della nascita di un capitolo dedicato, all’interno dell’Adci. Ma di sostanza, non di forma. Perché va in primo luogo creata ‘coscienza’, poi valore. Da comunicare anche ai clienti. Così che le aziende possano scegliere disponendo di una vetrina da cui attingere professionalità. La presentazione, avvenuta ieri a Milano, della prima ricerca sui freelance italiani, accende il primo faro. Capendo chi sono, cosa pensano, fanno e quanto guadagnano quelli nostrani.
Partiamo da qui. Di certo non molto. A giudicare dalla media, che vede nei 35.000 euro di fatturato la cifra più accreditata. Ma facciamo un passo indietro. Stiamo parlando della prima ricerca sui freelance italiani, svolta con un questionario online nel dicembre 2007 da QMark, su iniziativa del costituendo 'capitolo freelance Adci' , per un totale di 420 questionari raccolti.
Seppur questo popolo sia molto più numeroso, valendo 4/5.000 persone. E il dato non stupisce, a guardare la situazione sul fronte agenzie, con un mercato profondamente cambiato nel giro di così poco tempo.
Al punto che i freelance oggi vogliono essere un potenziale per il mercato. E questo chiedono all’Adci. Di poter creare un loro capitolo, che funga da connettore. Che aiuti e sostenga i giovani, che formi, che guidi. Non un incubatore per il passaggio in agenzia, forti delle proprie scelte, in nome della possibilità di partnership e alleanze per la definizione di specifici progetti.
Essenziale, dunque l’outing. La facoltà di definirsi. Sapendo esattamente cosa significa essere freelance. Perché lo è anche chi lavora in agenzia con la partita Iva, e non sempre lo sa.
Ma torniamo ai dati. Sinteticamente. Il 67,1% dei freelance è uomo, contro il 32,9% delle donne. L’età si focalizza maggiormente tra i 25 e i 34 anni (45,4%), con affollamento anche nella fascia 35-44, che vale il 31,2%. I più, 51,1%, vivono nel nord ovest, che distanzia di molto il centro, 19%, avanti al nord est 16%. Mentre al sud e isole risiede il 13%.
Il 40% è art director e conosce l’Adci. Uno su cinque è copy. A seguire visual designer, 13%, e web designer 10%. Più della metà degli intervistati ha iniziato la professione dal 2000 ad oggi. Con le donne a prendere il sopravvento nella contemporaneità, a differenza di quanto avveniva prima del 2000.
Oltre il 70% lavora con Partita Iva, in piena autonomia. Il 14%, invece, pur avendola, ha scelto il contratto a progetto. Che rappresenta la prassi più in voga tra chi non ce l’ha.
Tra i problemi più sentiti, il recupero dei crediti e la difficoltà nel farsi firmare i progetti, tutelandosi. Anche se con differenziazione tra chi conosce o meno l’Adci, essendo i primi più pronti a richiederlo.
In quanto a servizi offerti, trionfa la creatività, 95%, seguita da consulenza, 70%, ed esecutivi, 54%. Con evidenti sovrapposizioni. Mentre sul fronte della propria promozione, il mezzo principe è il passaparola.
Sotto al 20% i freelance intervistati andati almeno una volta al Festival di Cannes.
In merito ai settori, al vertice la stampa, seguita da grafica e marchi, internet, editoria. Con l’evidenza che i freelance lavorano poco per la televisione.
Solo il 17% ha collaboratori in modo stabile. Il 50% se ne serve occasionalmente, a progetto. Un terzo, infine, non ne ha proprio. Oltre l’85% del campione non fa coppia fissa (copy - art).
Ma i free lance sono felici di esserlo? Il 57,4% vorrebbe passare dalla libera professione all’impresa, anche se piccola. Il 42,9% non sa se, a parità di ruolo e condizione economica, accetterebbe o meno l’assunzione in agenzia. Il 32% è certo del no, contro il 25,5% che dice sì, con maggioranza di chi non ha Partita Iva.
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