Viral e buzz, parliamo di marketing
08/02/2008
Buzz marketing, viral marketing. Due parole, un unico obiettivo: stimolare il passaparola spontaneo dei consumatori. Ma anche di tutti i pubblici che interagiscono con l’azienda, dai giornalisti ai partner. Con la rilevanza a farsi presupposto indispensabile per la condivisione. Alla vigilia dell’uscita del suo libro al tema dedicato, youmark ha incontrato Marco Massarotto, fondatore Hagakure.
Il volume edito da Apogeo uscirà il prossimo marzo. Per precederne il lancio è stato creato un blog, che resterà anche dopo la pubblicazione, perché se ne continui a parlare. Di buzz viral, ovviamente. Tanto che, oltre al blog, da ieri è disponibile anche un e book, sorta di ‘bignami’ online, di immediata consultazione. Ma iniziamo a capire.
Buzz marketing e viral marketing sono effettivamente due facce della stessa medaglia?
“Diciamo che sono due modi di perseguire lo stesso risultato: la propagazione spontanea di una notizia, di un contenuto o di un filmato, più frequentemente. Cambia un po' l'approccio, la terminologia, ma in ogni caso si vuole far parlare di sè il più e il meglio possibile. Obiettivo raggiungibile solo attraverso il coinvolgimento attivo dei propri stakeholder: clienti, consumatori, prospect, giornalisti, partner”.
Non è che più queste tecniche si diffondono e più l'utente-consumatore si fa 'sgamato' al punto da evitarle?
“Il consumatore su internet le evita già, se vuole. Nel caso del viral marketing, più che non farsi evitare, che è il minimo, è importante riuscire a coinvolgere gli altri, rendersi utili e interessanti per loro. La rilevanza deve essere il criterio guida. Solo così si può sperare di trasformare i consumatori in evangelist, così che si facciano spontaneamente promotori della marca”.
Quanto costa un progetto di viral o buzz?
“La domanda che un'azienda dovrebbe porsi è quanto investire in una strategia di pr sul web. Ragionare per singoli progetti rischia di disperdere energie importanti. Ormai nessuna azienda può prescindere da un piano strategico di relazioni e gestione della brand reputation su internet”.
Come fare ad individuare l'interlocutore più preparato, ossia come si sceglie l'agenzia cui demandare la realizzazione di un piano di comunicazione interattivo?
“Posso rispondere con una provocazione. L'agenzia più preparata è l'azienda. Chi conosce meglio i prodotti di chi li fa? Chi conosce meglio un brand di chi lo gestisce quotidianamente? Quello che la gente sta chiedendo alle aziende è una comunicazione più diretta, disintermediata. I partner vanno scelti in base alla loro capacità di affiancare l'azienda nel dialogo coi consumatori, di offrire formazione e conoscenza continua su internet. Ma anche in base alla loro interdisciplinarietà, visto che la comunicazione sul web è multimediale, nel senso più puro del termine. Cioè fatta di foto, video, testo, interattività. Servono competenze incrociate, da usare con velocità, leggerezza, flessibilità”.
Dove va l'innovazione in materia?
“Da un punto di vista tecnologico, la sfida su cui si sta confrontando chi costruisce il domani è il cosiddetto web semantico. Organizzare i contenuti non solo in chiave gerarchica, come funziona ora - chi è più letto, linkato, segnalato - ma anche qualitativamente. Sarà sempre più importante sapere chi parla bene di una cosa, chi male, chi dice certe cose su un prodotto, chi altre. Ci vorranno ancora degli anni, però. Innovare nell'immediato, invece, non può che voler dire impostare un'attività di comunicazione quotidiana, continuativa, diretta. Sembra facile, ma è una grande sfida”.
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