Entriamo nell’era dell’adv 3.0. E il web deve dire di più la sua. Scordatevi che il 10% basti
01/03/2012
La misurazione, poi, almeno come sino ad oggi tradizionalmente intesa, poco dice. In primo luogo perché spesso (nel mese circa il 30% dei casi rilevati su singola campagna - Fonte Nextplora) l’utente cancella i cokies sfalsando i dati. In secondo, perché ancora poco si racconta sulla natura delle persone esposte alla campagna. Chi sono, cosa fanno, come e dove vivono, rispondendo a quanto l’auditel da tempo offre relativamente ai suoi telespettatori. Con l’aggravante che nell’integrazione tra i due media, a vincere è ancora e sempre la tv, di cui si consiglia di non fare a meno. Anche a causa del poco credo dimostrato dai brand per la rete (sotto una certa soglia di investimento i soldi sono buttati). Eppure il domani parla di adv 3.0, ossia oltre l’integrazione e il mix. Significa evolvere verso il concetto di orchestrazione delle diverse piattaforme.
Quindi, non solo strumenti che suonano all’unisono, ma capacità di controllarne il dosaggio, sapendo decidere la giusta intensità dell’intervento di ognuno a seconda del target e del momento. Scoprendo come le funzioni siano molteplici. Con, ad esempio, il search che può servire il branding e il video advertising che si piega pure alle esigenze del Roi. Ricordando che non esiste performance se a monte non si è costruita una campagna di branding, che la creatività resta ancora e sempre determinante e che la rete non è solo advertising, ma piazza, dialogo, contenuto.
Nel dettaglio, comunque, si può iniziare da subito a cambiare le carte in tavola. Partendo dal parlare semplice di web, perché ormai è la normalità, che interagisce con tutti i cittadini, anche quelli della tv. Ma è anche il caso di far pagare il giusto il web, sfidando la frammentazione di questo mercato e di offrire dati finalmente ‘sessuati’ (ascolta l’intervista a Paolo Stucchi, cso Aegis Media e ceo Vizeum).
Con quanto messo a punto da Nexplora (lo racconta al microfono di youmark Alessandra Costa, executive research director, in occasione del convegno che, ieri a Milano, Nextplora ha dedicato al tema ‘Gli effetti della pubblicità on ine sulla marca’) a metterci lo zampino, avendo saputo dare certezza ai cookies (hanno creato quello dell’assistente, che sa seguire e tracciare l’utente su tutti i display, anche quando viene cancellato quello standard drogando i dati di efficacia della campagna) .
Anche perché se il web inizia già dentro la tv e la tv ne sta a sua volta invadendo il campo (smart tv e tv connesse), la pianificazione combinata dei due riserva non così allettanti sorprese. Colpa della quota riservata alla rete. Il 10% (valore medio dell’investimento delle aziende), infatti, sembra non essere sufficiente. Peggio. Secondo una ricerca presentata da MindShare (al convegno l’ha esposta il ceo Carlo Momigliano) con Kraft, si dimostrerebbe (il contesto di riferimento è stato il fast moving consumer goods) che senza massa critica i risultati non ci sono. Insomma, nell’accoppiata web- tv il consiglio diventa di destinare al primo almeno il 20% del budget, pena l’inefficacia, rendendo scelta vincente l’opzione per la sola tv.
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