Che la Rai diventi Fondazione, altrimenti è la fine. L'Upa chiede incontro a Monti
10/02/2012
Preoccupata per il miliardo investito ogni anno (sono tre quelli appannaggio di Mediaset, nove complessivi nel panorama media e multimedia), l'Upa incalza e avanza alcune concrete proposte per rianimare la Rai, a suo parere sull'orlo del baratro. E che agli investitori pubblicitari interessi il contenitore, cioè dove vanno a finire i soldi stanziati per la programmazione delle campagne, non deve stupire. La comunicazione ha bisogno di contesti valorizzanti il messaggio che trasmette e la fuga degli investitori è già iniziata.
Ma ieri, in occasione della presentazione a Milano della ricerca 'Rai: quale futuro?' realizzata da Astra Ricerche, il presidente Upa Lorenzo Sassoli de Bianchi (ascoltalo al microfono di youmark) ha voluto sgombrare il campo da
qualsiasi interesse privatistico, e tantomeno favoreggiamenti nei confronti di Mediaset. Una Rai migliore fa bene a tutti, questo il succo del discorso e la molla che nell'aprile 2011 ha fatto scattare l'indagine conoscitiva con l’obiettivo di ipotizzare i possibili scenari futuri e valutarne le opportunità.
Oltre 200 interviste a stakeholder, investitori, consulenti ed esperti del mondo della comunicazione hanno così fornito un quadro di valutazioni sulle condizioni attuali dell'emittente pubblica e sulla possibile riforma che potrebbe cambiare
il suo futuro.
E le risposte, in negativo, non stupiscono, spaziando dalla mala gestione all'asservimento politico, dalla mancanza di strategia all'ingovernabilità, passando per la perdita di qualità a favore della quantità e al calo di reputazione. Ma emerge anche un patrimonio fatto di tradizione e memoria storica del paese, know-how, impianti, attrezzature.
Con potenzialità di rilancio sul terreno dell'innovazione e della creatività cultural-professionale e tecnologica da cui bisogna partire per riformare. Da qui la proposta di Upa, sul modello Bbc, incentrata sulla netta divisione tra amministrazione e gestione ma evitando le privatizzazioni come quella di Alitalia. Ecco i sette punti in cui si articola:
1) Conferimento ad una Fondazione che diviene proprietaria dell’ente pubblico, con uno statuto che riflette l’attuale contratto di servizio. Ha l’obbligo del pareggio di bilancio e gestisce attraverso due livelli decisionali.
2) Consiglio di Indirizzo, Controllo e Garanzia che definisce le strategie e ne controlla il rispetto. Composto da persone di specchiata onestà, serietà, impegno professionale e civile, nominate da soggetti istituzionali come ad esempio Presidenti delle due Camere, Corte Costituzionale, Authority, Regioni, Comuni, Associazione Consumatori, Università, Cnel.
3) Consiglio di Amministrazione deputato alla gestione, 5/7 membri con chiara professionalità, indipendenza e competenza specifica nominati dal Consiglio di Indirizzo. Al suo interno viene nominato un amministratore delegato
responsabile della gestione nel rispetto degli indirizzi generali ricevuti dal Consiglio di Indirizzo.
4) Il presidente nominato dal Consiglio di Indirizzo presiede entrambi i Consigli fungendo da raccordo tra essi.
5) Recupero dell’evasione del canone: 16 milioni di abbonati su 22 milioni di famiglie (andrebbe a compensare i 300 milioni 'persi' togliendo la pubblicità a una rete).
6) Una rete generalista senza pubblicità (per giustificare il canone) che ricerchi la qualità, persegua la sperimentazione e la missione di servizio pubblico
7) Perseguimento di un modello 'multi-multi' cioè multicanale multipiattaforma, multicontenuto, multitarget, traducentesi in un pluralismo di contenuti/ stili/target e passando dall’offerta rigida al consumo personale e su misura.
La richiesta di un incontro al Presidente del Consiglio Mario Monti è già stata inviata. Ora si attende la risposta. Ricordando che sul fronte degli investimenti pubblicitari, le previsioni Upa 2012 auspicano la tenuta della flessione 2011 (-4%). Con il primo semestre a peggiorare e il secondo in ripresa. Ma con Sassoli de Bianchi che dichiara "Siamo fiduciosi e per niente depressi". Definendo il periodo che stiamo vivendo "una recessione reattiva".
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