Comunicazione è… la ripubblicazione di un libro che nessuno legge ma che fa audience
17/01/2012
Il titolo in questione è ‘Le entrate pubbliche dello Stato Sabaudo nei bilanci e nei conti dei tesorieri durante la guerra di successione Spagnuola’ di Luigi Einaudi. Ripubblicato dalla Vitali & Associati e presentato ieri sera a Milano presso la sede del Gruppo 24Ore in un incontro incentrato sul tema portante del volume, il pareggio di bilancio. Oggi quanto mai attuale, così come la questione morale, meglio etica, l’agire da buon padre di famiglia. Che in quegli anni Einaudi predicava quale direzione delle scelte inerenti alla cosa pubblica, per logiche di investimento capaci di guardare al futuro, al bene delle nuove generazioni, pur avendo a cuore il rapporto tra debito e Pil. Ricavandone, ieri quanto oggi, il senso di un’economia spettro del più ampio contesto valoriale, incapace dunque di essere governata esclusivamente attraverso strumenti economico monetari.
Così, il libro di Einaudi anche ieri sera ha saputo offrire a ospiti e pubblico più di un argomento di riflessione. Nonostante l’ammissione di riscontrarlo lettura alquanto ostica, da Sergio Chiamparino, componente direzione nazionale Pd, all’onorevole Maurizio Lupi, vice presidente Camera dei Deputati, da Francesco Giavazzi, docente di Economia Politica all’Università Bocconi, a Bruno Tabacci, assessore al Bilancio, Patrimonio e Tributi Comune di Milano, fino a Roberto Maroni, ex ministro degli Interni oggi parlamentare, tutti ne hanno riconosciuto la straordinaria ricchezza di contenuti, resi immediatamente usufruibili grazie all’introduzione di Paolo Silvestri, Università di Torino (guarda il video con alcuni minuti del suo discorso) e alla lettera che l’Einaudi presidente scrisse nel 1955 all’allora ministro del tesoro Pella, argomentando sull’articolo 81 della Costituzione.
Un tema, quello del bilancio pubblico, quanto mai attuale, argomento del dibattito contemporaneo, non solo italiano, ma europeo, mondiale. Concordando gli intervenuti sulla peculiarità della congiuntura in essere, che sottolinea sì l’importanza del pareggio di Bilancio, ma soprattutto del ridimensionamento del rapporto debito Pil. Dal 50-55% degli anni ’80, infatti, siamo saliti (non linearmente ma a fisarmonica, con momenti anche di regressione) a quota 120%, con l’aggravante di uno spread (repentina la crescita dal 175% al 575%) che sposta le proporzioni del debito in soli sei mesi di circa 7 miliardi in più.
Ma il problema non è solo fare cassa, è fare crescita. Citando il professor Giavazzi, la Svizzera a esempio virtuoso (plaude Maroni, visto che si tratta di Stato Confederale fuori dalla Ue). Sottolineando come gli investimenti anche da noi dovrebbero essere ammortizzabili così da rendere sostenibili scelte di lungo periodo, ma anche come a fronte del pareggio di bilancio, così come della riduzione del rapporto debito Pil, andrebbero definiti chiaramente scopo e obiettivi per cui si agisce. Precisi e credibili, senza ammazzare la crescita. Sostenuti da un governo non autoritario, ma autorevole.
Qualità che Maroni ammette appartenere al Governo Monti, cui però manca la definizione di strumenti efficaci per raggiungere l’obiettivo del risanamento, avendo sino ad ora pensato solo a ‘incassare’ (la riforma delle pensioni, ad esempio, è inutile perché il costo previdenza Pil era già stimato stabile sino al 2060) per compiacere un’Europa debole, in cui lo stesso Barroso è costretto a soggiacere al super potere di Merkel e Sarkozy, non avendo i mezzi idonei a contrastarlo.
Senza dimenticare (le cita Tabacci augurandosi un futuro con più Europa e magari una Lega che si riposiziona all’interno di un federalismo europeo) di puntare il dito contro le agenzie di rating. Già nel 2003, all’epoca del caso Cirio-Parmalat, si denunciò l’anomalia di tre soggetti americani, arrivando all’accusa di commercio di rating e invocando la nascita di un’agenzia pubblica europea.
Ma forse in troppi hanno dimenticato una grande verità: non bisogna fare per conoscere, ma conoscere per fare.
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