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Più cultura più innovazione, più misurazione

27/11/2007

A essere messe in guardia sono soprattutto le aziende. Perché un fenomeno nuovo cambierà per sempre la natura del target. E’ la scolarizzazione di massa, uno tsunami che livella verso l’alto. Come sottolineato da Remo Lucchi, amministratore delegato Eurisko, ai microfoni di youmark, la rivoluzione è appena iniziata. Ma quando i quattordicenni di oggi saranno ‘genitori’, la massa come tradizionalmente intesa non avrà più senso. Tutti pretenderanno individualità, relazioni orizzontali, rapporti da partner. A più livelli, in tutti i settori. Dal lavoro alla politica, dai media ai ‘consigli per gli acquisti’.

In parole povere, nessuno pensi che quanto oggi è riservato alle elite dei cosidetti innovatori, lo sarà anche domani. Se la comunicazione come tradizionalmente intesa può continuare a fare il suo corso, infatti, è perchè ha ancora una massa su cui agire. Non a caso, oggi, è grande il gap tra pensiero e comportamento, come a titolo esemplificativo dimostra il rapporto tra tv generalista e satellitare, con l’atteggiamento a dichiararsi al 33% pro satellite, mentre il comportamento fa scendere a 7 la percentuale di chi effettivamente lo sceglie.

Ma in un vicino futuro, quando una generalizzata maggiore cultura porterà tutti a pretendere relazioni orizzontali, personalizzazione e autonomia di scelta, allora il panorama sarà molto differente. E’ un dato di fatto, da considerare. Nonostante la trimestrale di borsa, che schiacciando la programmazione a logiche di breve, impoverisce il profilo strategico di innovazioni sostanziali. Al punto che il ‘Lucchi pensiero’ vede nella quotazione il male, seppur spesso necessario, delle imprese contemporanee. 

Protagonismo, stili di vita sempre più proiettati all’esterno, e non per ‘leasure time’, in realtà ristretto al minimo da necessità più impellenti, ma per interessi vari, dalla cultura ai figli. Ancora, voglia di esplorare, senso critico, elevazione delle attese. Infedeltà. Ecco l’identikit del nuovo consumatore. Che si accompagna a una fruizione media sempre più multitasking, in cui diminuiscono i tempi di esposizione a ogni singolo mezzo, facendo esplodere ovunque il trend della ‘nano share’.

E con questo concludiamo la premessa. Perché l’intervento di Lucchi, si è in realtà servito di essa per preparare al fulcro rappresentato dalla presentazione della ricerca Audimail, avvenuta a Milano ieri mattina durante il seminario AssoComunicazione ‘Come misurare i risultati della comunicazione: soluzioni e casi concreti’. Che conferma il lavoro dell’associazione a favore della misurazione, dopo le ‘pessimistiche’ conclusioni tratte dallo studio Astra svolto lo scorso luglio, per cui alle aziende il Roi, inteso come valore economico di medio lungo termine, sembra quasi non interessare. O meglio, considerata la difficoltà della sua misurazione, in troppi preferiscono sostenerne la necessità a parole, piuttosto che definirne i modi nella pratica.

In questo contesto il direct marketing, proprio quello postale, trova un suo senso. In primo luogo perché per sua natura implica un modo personalizzato di rivolgersi al target, in secondo, perché altrettanto implicitamente è misurabile.

Oggi il direct  raggiunge il 66% della famiglie alla settimana. Al mese, poi, non è certo da meno della tv generalista, alzando la sua percentuale di copertura al 91%. Ma con un affollamento quasi inesistente, visto che le stesse ricevono meno di due comunicazioni alla settimana. Rilevante, poi, il tempo dedicato alla lettura, in media 4 minuti, ma anche di più quando il messaggio è indirizzato specificatamente alla persona in oggetto.

Fatti 100 gli oggetti trovati in cassetta, ne viene esaminato l’84%, addirittura il 92-96% se indirizzati. Di questi, la metà suscita interesse. Il 14% induce all’azione, tenendo fuori dalla computa le locandine informative degli sconti dei supermercati, addirittura il 20% se ci riferiamo a messaggi indirizzati. L’11% dei soggetti arriva all’acquisto. L’1% a seguito di una risposta diretta, il resto traendo stimolo e spunto dalla comunicazione ricevuta. Il 7%, infatti, approfondisce le informazioni, il 4% asserisce di volerlo fare in futuro.

Insomma, il direct è sicuramente un mezzo interessante. Peccato che ancora non venga ragionato già ex ante in relazione al target, come succede per tutti gli altri mezzi. L’obiettivo, dunque, è creare file profilati, così che si possano mandare comunicazioni su misura, specialmente quando in gioco sono gli ‘elittari’. Senza dimenticare che, per essere ascoltato, ha bisogno di agire in modo orchestrale con il resto della comunicazione, perché più il target è preparato, meno sarebbe disposto a fidarsi di ‘posta’ ricevuta da un brand non nobile, ossia che non si è fatto prima conoscere.

 

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