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Galeotta fu la banda larga. Gianfranco Fini buca lo Iab
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Iab 2011: quando Fini fece flop. La normality era ancora new. E si sognava un grande party

13/10/2011

In effetti, potrebbe essere la sintesi per raccontarvi in un post quest’ultima edizione dello Iab Forum che ieri, a Milano, ha dato inizio alla due giorni di lavoro. Aggiungendovi anche la presenza tanto attesa di Arianna Haffington, che peraltro ha annunciato l’intenzione di aprire in Italia un sito dell’Huffington, certa che internet stia garantendo voce ai molti che non l’hanno mai avuta e restituendo ai giornalisti il loro vero mestiere, perché non sia servizio al potere, ma coscienza critica e di controllo (è altrettanto certa che i giornali non spariranno e che a vincere sarà un modello ibrido). Tornando al resto, invece, Gianfranco Fini, atteso (le conseguenze della non approvazione da parte della Camera dell’articolo 1 della legge di bilancio dell’altro ieri gli hanno impedito di esserci), non è riuscito nemmeno nell’intento del collegamento video, tanto galeotta fu la banda larga, sottolineando il tema delle infrastrutture quale prioritario (Salvatore Ippolito, presidente vicario Iab Italia, ha dichiarato che le istituzioni saranno attese al varco degli 800 milioni promessi, anche alla luce dell’incasso conseguente alla gara 4G) per far sì che l’era contemporanea non sia della nuova normalità, ma della normalità. Misurata in un business della rete che per il 2015 dovrebbe pesare il 4% del Pil (oggi è al 2%), con l’advertising online ad occupare il 20% della torta (oggi il 14%) a quota 2 miliardi e gli utenti a raggiungere i 35 milioni. Tanto che diventerà persino inutile continuare a fare un Forum Iab, molto meglio un party. 

Insomma, internet cresce. Diventa grande, importante, diverso. Al punto che, in effetti, lo Iab così come agli esordi pensato non potrà più rappresentarne la portata, definendo solo una parte, una prospettiva dell’economia della rete, ma sicuramente diventando per lo stesso sempre più semplice far sentire la sua voce, dall’alto di un media che già nel 2012 varrà quanto la carta stampata, guadagnando il secondo posto nella graduatoria, con il primato ancora alla tv. 

Ma andiamo con ordine. Intanto avvisando che se sino a ieri sono stai gli Usa a trainare, oggi è la vecchia Europa a promettere le maggiori soddisfazioni. Con gli Uk leader, ma con l’Italia a difendersi più che bene. Nel 2010 internet da noi è cresciuto del 19% (media europea del 15%) e per la fine di quest’anno è atteso al varco del +15%, a quota 1,2 miliardi di euro. Il mercato dell’adv in totale perderà, invece, circa il 3%, a 8,7 miliardi, sottolineando come la rete pesi oggi il 14% contro il 50% della tv. Dati incoraggianti, ma anche non appieno valorizzati. Specie se si analizza il rapporto tra investimenti, utenti e pagine viste. Come dire, già solo lavorando sul prezzo, l’ammontare complessivo potrebbe riservare piacevoli sorprese. 

E poi c’è ancora un settore completamente assente. L’alimentare-largo consumo. Meglio, che continua a fare il piluccatore, visto che le 123 aziende top spender in advertising ci sono pure nella rete, ma con importi di investimento bassissimi. Eppure è ormai provato che anche in tema di branding la cross medialità non può prescindere dal web. Addirittura, ci sono ricerche che sostengono come in una campagna multimedia fa perdere meno in efficacia ed efficienza la cancellazione della tv. Ovviamente in molti potrebbero avere qui da obiettare, ma è certo che se si misura l’intenzione d’acquisto, più che le sole grp e impression, a parità di valore della campagna e di reach, la rete è divenuta fondamentale. Anche perché il trend dell’utenza parla di dieta variegata, soprattutto tra audiovisivo e web, mentre ad averci lasciato un po' le penne è la carta stampata. 

In quanto alle nuove opportunità, il mobile (13 milioni di utenti) rappresenta sicuramente quella più appetitosa, seppur per l’advertising non ancora concretezza di business. Cresce anche il successo di rewarding e couponing, ben del 112% rispetto al giugno dello scorso anno. 

E poi c’è l’universo della piccola media impresa. Quelle online è dimostrato ci guadagnino in termini di ricavi e di capacità di esportare (+15%). Precisando come sia l’ambito high tech ad attrarre il 37% dei loro nuovi investimenti. 

Ma allora, tutto rose e fiori? Magari. All’appello manca ancora la cancellazione del gap culturale, tutt’ora presente specie in seno alle pmi, la formazione, le già ricordate infrastrutture. E poi c’è il tema del Pil. Perché, ok, si applaude alla percentuale che dal 2 sale al 4%, ma interessante è conoscerne la base. Insomma, l’Italia deve tornare a essere un paese che cresce. E, come ha chiaramente spiegato l’economista Michele Boldrin, professor and Department Chair at Washington University in St. Louis, ieri allo Iab intervenuto, occorre che qualcuno sappia inventare cose nuove che alla gente piacciano (tanto per fare riferimento al grande Steve Jobs, cui ovviamente è stato dedicato il saluto iniziale di questa edizione Iab). Il risparmio, insomma non basta, dobbiamo passare al reddito. E l’innovazione è la risposta sul come. Innovazione che ha bisongo di terreno fertile per essere coltivata. Dunque di informazione, conoscenza, competizione, interazione, cooperazione.

 

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