Leagas Delaney: basta dare la colpa ai direttori creativi. Che quando sono nel business funzionano
20/07/2011
Intendendo applaudire quelle agenzie che nella compagine societaria hanno i direttori creativi, troppo spesso capri espiatori immolati alla negatività di qualsiasi crisi. Tanto che il loro ricambio triennale potrebbe farsi alibi all’incapacità dei manager. Soprattutto oggi, quando il nuovo assetto del mercato pubblicitario chiede alle strutture l’abilità di rispondere con efficacia e tempi ridottissimi alle esigenze di comunicazione dei brand, implicando il coinvolgimento delle migliori professionalità. Consci, però, che in Italia più che il talento possono altre logiche, politica in testa. Così, con orgoglio si parla della fedeltà dei clienti di sempre, non disdegnando le gare ‘serie’, specie se alla vittoria consegue un contratto su cui costruire (il primo semestre 2011 mette a segno un +34% - il 2010 si era chiuso a quota 3,5 milioni di ricavi - con all’attivo 12 produzioni televisive. Tra gli ultimi lavori la campagna per lo sbarco italiano di William Hill. Ricordando i progetti Borotalco Manetti&Roberts, Pomellato, Goodyear, Cariparma, oltre alla ‘saga del cinghiale’ per Brioschi). Nell'interesse proprio, ma anche delle aziende.
Come, in occasione della loro nomina a vice presidenti, al microfono di youmark spiegano Stefano Campora e Stefano Rosselli, già direttori creativi esecutivi Leagas Delaney Italia.
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