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Mario Attalla, amministratore delegato Grey Italia
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Grey: rinnovarsi insieme alle aziende

16/11/2007

Il peggior nemico della creatività è il planner. Almeno nell’accezione tradizionale del suo concepimento organizzativo, dove gli ego personali cozzando sfidano la bontà del risultato finale. Perché per i creativi l’obiettivo è scontato. Per i planner altrettanto, ma misurato sul soddisfacimento del cliente. In una sorta di apparentemente inconciliabile conflitto. Mario Attalla, amministratore delegato Grey Italia, racconta a youmark la sua soluzione, sintetizzando in essa i contenuti della rinnovata Grey. A partire dalla nuova sede e dall’alleanza con Oot.

Nel mondo Grey è una delle sigle più creative. L’arrivo a inizio anno di Francesco Emiliani nella sede italiana sembra testimoniare che anche nel nostro Paese l’agenzia voglia imporsi per creatività. 

E’ una creatività made in Italy l’asset su cui punterete nel 2008?
“Il progetto Italia si inserisce nel progetto di Grey a livello mondiale. L’acquisizione da parte di Wpp ha significato una svolta epocale . Dal 2006, infatti, la 'sigla’ si è rinnovata ovunque e in modo radicale, partendo dal management. La creatività è l’area di maggior rilevanza. Una creatività mai fine a se stessa, orientata all’ottenimento di risultati tangibili e duraturi, poggiando su solide basi strategiche. Qualcuno obietta che la creatività per essere forte e graffiante debba liberarsi dai vincoli strategici e di marketing. Non è il nostro pensiero. Una visione che Francesco ha condiviso da subito. E i risultati stanno arrivando. Non sono risultati ‘one shot’, ma risultati continuativi. Come dimostrano le nostre campagne. Morellato gioielli innanzitutto. Una marca contemporanea con il costante bisogno di mantenere viva l’attenzione alla propria value proposition, il lusso ‘easy to wear’. Alleanza Assicurazioni, che ha raccolto il 20% di market share del 'mercato’ Tfr ed è diventato il secondo operatore per risultato. Una campagna efficace, semplice e impattante, su un tema delicato e un po’ ostico. Ancora, Lactacyd. Per la prima volta un detergente per l’igiene intima femminile si è ‘chiamato fuori’ dalla generalizzata banalità e si è rivolto alle donne parlando della loro vita. Un approccio realistico, senza estremi gratuiti, con grandi soddisfazioni di marketing. Ma anche Nokia, purtroppo azienda con la quale concluderemo il rapporto a fine anno per decisioni internazionali, ma per la quale stiamo realizzando uno spot realmente interattivo, che andrà in scena nelle sale cinematografiche a dicembre. Un esempio della capacità dei nostri creativi di rompere gli schemi, rivalutando l’ambiente cinema e creando una reale interazione fra pubblico e marca. Infine, vale la pena di citare Ace. Dopo oltre 40 anni abbiamo salutato la nonnina e prodotto una serie di spot che testimoniano il nuovo corso. I risultati di marketing e comunicazione sono ampiamente oltre le aspettative e il caso Ace sta diventando un benchmark per P&G, a livello mondiale. Avendo risolto brillantemente un problema che molti ‘mega brand’ stanno ancora affrontando per rigenerarsi con successo”.

La presenza nel team dell’agenzia di Giuliano Lasta, strategic planner di lungo corso, significa comunque che la creatività, per essere efficace, deve essere ‘guidata’?
"Non direi guidata, ma piuttosto stimolata. I nostri planner hanno l’ufficio sul piano dei creativi e con loro lavorano quasi in simbiosi. La disciplina del planning è estremamente delicata. In Italia c’è scarsa cultura e troppo spesso il planning viene vissuto come l’ufficio che traduce il brief del cliente con parole ad effetto. E’ una questione di scambio e confronto continuo, senza finte armonie e senza guerre di posizioni. I più acerrimi nemici della non creatività sono proprio i planner . Avendo la responsabilità della soddisfazione delle strategie di marketing, il loro obiettivo è guadagnare la fiducia del cliente per convincerlo ad accettare soluzioni che apparentemente possono sembrare non ortodosse e quindi pericolose. Come si annulla il conflitto potenziale? E’ un nostro ingrediente segreto. E poi la chimica relazionale della nuova Grey aiuta molto. Una squadra affiatata pensa a lavorare insieme e lascia da parte gli ego personali, quasi sempre alla base dei problemi tipici dell’agenzia vecchio stile”.

Casa nuova, vita nuova. Quali i principali obiettivi che vi siete posti per l’anno prossimo?
"Grey non aveva mai cambiato sede in 43 anni, ma era necessario per completare il cambiamento. Il nostro motto adesso è ‘Grey Open’. Quindi gli obiettivi sono certamente di natura culturale, oltre che finanziaria, e se saremo capaci di mettere a profitto tutta l’energia che si percepisce nella nuova sede credo che i risultati di business, che già si sono concretizzati, aumenteranno significativamente. Chi viene a trovarci rimane impressionato dall’aria che si respira e dal sistema di lavoro. L’evidenza più immediata è la quantità di currriculum di creativi che ci arrivano. Segno che il tam tam è partito. Ora dobbiamo far arrivare la voce anche alle aziende, almeno a quelle che abbiano realmente voglia di cambiare. Proprio partendo dalla loro opinione su Grey”.

In quale ottica spieghi l’alleanza con Oot. Si è già concretizzata in qualche incarico o lavoro specifico?
"Il mondo digitale sta vivendo una seconda vita. Non a caso si parla di web 2.0. Tramite Wpp siamo entrati in contatto con Oot e soprattutto con due imprenditori ‘sani’ e appassionati, che hanno una visione precisa di dove vogliono andare. Oot, come Grey, mette la creatività al primo posto. Le esperienze che hanno collezionato negli ultimi anni, insieme al modo di lavorare, sono valsi clienti importanti, fedeli e continuativi, cosa che manca alla maggioranza dei loro concorrenti. Anche in questo caso, un approccio profondamente strategico al brief del cliente assicura risultati solidi che garantiscono continuità. Non dimentichiamo che Oot è stata la prima web factory a vincere un Cyber Lion a Cannes. La collaborazione è iniziata concretamente da un mese. E’ dunque presto per fare bilanci, anche se le prime esperienze insieme stanno già producendo opportunità promettenti”.

Ritieni che un’agenzia, anche se a matrice internazionale, per dimostrare la propria capacità debba concentrarsi sul business locale?
"Purtroppo le aziende italiane con una presenza veramente internazionale sono poche. E molte di quelle esistenti operano secondo logiche ed alchimie complesse, in cui per un’agenzia è difficile, anche se non impossibile, inserirsi. Se pensiamo a moda e lusso, è facile intuire come il dialogo con le agenzie non sia semplice. Ma sta a noi trovare il modo di collaborare, comprendendo a fondo le esigenze dell’azienda e le sue dinamiche. Personalmente ho sempre avuto molto rispetto per i budget internazionali recapitati dagli head quarters in Italia e continuerò ad averlo. Perché gran parte dei nostri fatturati sono legati a queste aziende. Ma ritengo altresì fondamentale che un’agenzia come Grey aumenti la propria presenza sul mercato locale, potendo contribuire allo sviluppo internazionale di quei marchi già presenti in mercati stranieri, o che stanno affrontando la grande opportunità offerta dall’export. E poi è innegabile che il dialogo con un’azienda italiana è più facile e che esportare comunicazione è un motivo di grande orgoglio per i nostri creativi”.

All’interno delle sigle che fanno parte del gruppo Wpp, come si vuole ‘distinguere’ Grey?
"Come un’agenzia contemporanea, professionale e facile nel dialogo. Ostinata nella ricerca del risultato a vantaggio dei clienti, ma anche dell’agenzia. Un cliente soddisfatto, infatti, è un cliente fedele. Un’agenzia soddisfatta è un’agenzia che dà l’anima ai propri clienti. E quando i clienti lo comprendono da noi ottengono l’impossibile, perché è il loro vero potere”.

 

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