Le immagini parlano, di trend
15/11/2007
Vi siete mai chiesti cosa c’è dietro le immagini che ci vengono proposte per raccontare il nostro mondo? Pubblicità, ma anche tutte le foto a descrizione di redazionali, articoli, promozioni? Si chiama ‘creative intelligence analysis’, in parole povere studio dei trend, di modo che visivamente si continui a rappresentare i fenomeni e le tendenze in linea con quanto l’evoluzione ha voluto diventassero. Come racconta a youmark Alberto Chinaglia, responsabile di questo tipo di ricerca in Corbis .
Partiamo dalla definizione. Non tutte le mode sono trend. La differenza la fa il tempo. Così, mentre i fenomeni di una stagione non passeranno alla storia, quelli capaci di resistere ai successivi cambiamenti, restando in auge dai 5 ai 10 anni, sono a tutti gli effetti trend. Interessanti, perché finiscono per rappresentare un’era. In genere siamo abituati a ragionare i trend comportamentali, meno scontati quelli visivi. Ossia l’insieme dei messaggi trasmessi attraverso l’immagine, per i quali è necessario un attento studio del mercato, trasferendo poi nella foto quanto realmente succede nella società.
Emblematico l’esempio di come siano cambiati i macro paradigmi comunicativi dopo l’11 settembre. Fateci caso, prima le immagini parlavano di distinzione dalla massa, individualità, performance. Oggi si punta su squadra, cooperazione, sicurezza, futuro.
A che punto siamo, le immagini stanno parlando di mode o di trend e quali i contenuti maggiormente proposti?
“Il lavoro di intelligence analysis consiste nel verificare tutti i cambiamenti, sociali, economici, mediatici, identificando quali argomenti possono diventare trend. Così da tradurli in immagini che anticipano bisogni, esprimendo il lato più attuale delle tendenze. Pensiamo all’universo business. Una volta si vedeva il classico uomo in doppio petto con la ventiquattrore. Oggi prende il sopravvento il ‘fuori ufficio’, raccontando il cambiamento nel modo di lavorare. Scompare la fisicità di luoghi prestabiliti, appaiono situazioni ‘mobili’, dall’auto al caffè, dalla stazione ferroviaria all’aeroporto. I punti vendita della catena Starbucks, ad esempio, diventano location di lavoro, con Hotspot per accedere a internet. Ma anche gli hotel allargano il loro servizio oltre l’ospitalità in senso stretto, allestendo aree dedicate. A Milano la tendenza al ‘business on the road’ ha portato al lancio di ‘Conca del Naviglio’ con uffici affittabili anche per poche ore. Così come è ancora attuale l' ‘hot desking’, ossia l'organizzazione di postazioni di lavoro da condividere. Insomma, dovendo riassumere visivamente una situazione business, di certo non vedremo più il close up su due mani che si stringono, immancabile appena cinque anni fa”.
Quali gli altri trend determinanti?
Il ‘pendolarismo estremo’. Ossia una realtà dinamica, ricca e articolata. Molto lontana dal concetto di ‘tempi morti’ con cui appellavamo questo tipo di viaggi. Oggi nei treni ognuno può scegliere cosa fare. Lavorare, studiare, guardare un film, ascoltare l’iPod. Lo stesso vale per la macchina. Resa sempre più confortevole, con forme di intrattenimento multimediale. Ancora il ‘global greening’. Con l’ambientalismo a farsi portale, valore aggregante, in cui sguazzano diverse declinazioni. Tra cui il Lohas.
Il tutto all’insegna di un’era che sta profondamente cambiando i suoi valori di fondo. Certamente volendo più essere che apparire”.
E i viaggi, come cambiano?
“Recente uno studio sul turismo. Mostra la voglia di dare un valore alle esperienze. Non più viaggio come solo relax, ma come arricchimento personale. All’interno di questa tendenza si sviluppa anche il così detto ‘medical miles’, cioè il combinare una necessità medica, non solo di chirurgia estetica, dunque, con un viaggio per visitare luoghi sconosciuti. Complici anche le non sempre ottime referenze dei sistemi sanitari di riferimento, o l'eccessivo costo dei loro servizi, oltre alla diffusione dei voli low cost. Tra le mete più ambite, l’est Europa, l’India, la Thailandia, il Medio Oriente, con Dubai a voler diventare per il 2010 una ‘health care city’”.
E l’immigrazione, la multietnia?
"Sentito il tema dell’invecchiamento della popolazione occidentale. Si stima che, sempre se non si invertono i trend demografici, l’Europa avrà 75 milioni di persone in meno, creando un serio problema di forza lavoro, anche in seno alla domanda di ruoli professionali qualificati, dall’avvocato al medico, dal dentista al professore. Per questo sembra in fase di superamento l'era della distinzione etnica, a favore del mix. Una sorta di melting pot, per produrre una nuova ‘ambiguità’ etnica”.
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