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Levoni compie 100 anni. Arrivano due donne ai vertici e 100 mio di fatturato. 0% in adv

11/05/2011

All'epoca della terza generazione, quella degli anni ’60, un’azzeccata comunicazione a firma Aldo Biasi recitava ‘non han mai fatto male tre fette di salame’. Oggi è tutta un’altra storia. Ma non nel senso che non sia più lecito godere del medesimo piacere, quanto che la strategia di puntare al dettaglio può concentrare tutti su sé gli investimenti, avendo già a monte costruito la notorietà del brand. Tra l’altro vedendosi pure premiata dal trend, ossia dal ritorno in auge di salumerie, gastronomie di qualità e macellerie. Un tributo alla professionalità, al valore di un consiglio esperto. Capace di far percepire la differenza qualitativa delle scelte. Che certamente ha a che fare con la dicotomia tra industria e artigianato. 

Non a caso, Levoni da sempre ha detto no alla gd (oggi rappresenta appena il 20% degli 80 milioni di fatturato sviluppato in Italia, gli altri 20 milioni competono all’estero), che avrebbe costretto a variazioni dell’organizzazione produttiva, per soddisfare le onde di richiesta non vissute dalla continuità degli ordini al dettaglio. Servendo circa 8.000 punti vendita (250 i prodotti), con l’indubbio vantaggio di parcellizzare pure il rischio. Senza dimenticare l’estraneità alla progressiva riduzione dei margini imposta dalle grandi catene per far fronte alla crisi. 

Ieri a Milano, in un’anteprima di quella che sarà la nuova sede del Salumaio di via Montenapoleone (palazzo Bagatti Valsecchi, via Santo Spirito 7), youmark ha intervistato Marella Levoni, a capo della comunicazione dell’azienda di famiglia (insieme alla cugina Daria, preposta a ricerca & sviluppo e qualità, sono le prime due donne ai vertici).

 

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