Dall’apparenza all’intelligenza. Sì del consumatore al low cost di qualità. Ma servono investimenti
29/04/2011
Perché, al contrario di quanto si potrebbe pensare, non è solo al costo del lavoro che si guarda per riuscire a contenere il prezzo al consumatore. Anzi. Come dimostrano le aziende associate AssoLowcost, l’ottimizzazione dei processi è più importante, con gli investimenti in innovazione tecnologica a fare da padroni, così come l’attenzione a cliente e servizio. Non a caso, qui la trasparenza è tutto (per questo ci si può fidare anche quando in gioco c’è la sanità - ascolta a proposito l’intervista a Isabella Ferrari del Centro Medico Santagostino di Milano, a oggi unico membro AssoLowcost della categoria), pena l’esclusione. E non stupisca la scarsità di aziende italiane presenti (del tessile, ad esempio, c’è Camicissima, ma manca Oviesse. Nell’auto, l’unica low cost di qualità è Dacia, avendo puntato molto su design, carry over e orientamento al cliente, come al microfono di youmark spiega Andrea Baracco, direttore comunicazione & relazioni istituzionali di Renault Italia, nonché vicepresidente Assolowcost), il nostro paese, infatti, stenta in merito a decollare (ne parla a youmark Andrea Cinosi, presidente AssoLowcost). Pensare che sono ormai in molti gli economisti che su un fatto concordano, è lì che va il trend del futuro.
Sollecitando tutti gli interlocutori ad attivarsi, dalla politica al sindacato. E persino i consumatori, che devono pretendere la qualità a basso prezzo. Consci che la concorrenza dei paesi Brics non è più solo sul salario. Cresce rapidamente il loro apporto tecnologico (il nuovo circolo virtuoso, infatti, parla di tecnologia quale fattore di aumento della produttività, consentendo di conseguenza di sostenere poi pure i salari, a parità di prezzo al consumo), in un sistema che ormai non può più permettersi di trasferire i guadagni di produttività su chi produce, dovendoli riservare tutti al prezzo, con risparmi che in media vanno dal 20 al 25%, senza sacrificare la qualità.
In ogni caso, nonostante il ritardo italiano, la ricerca annuale a firma AssoLowcost sullo stato dell’arte del comparto mostra in pieno il delinearsi della nuova tendenza, con una crescita del low cost di qualità che nel nostro paese è pari al 13,5%, superando i 76 milioni di euro. Una scelta trasversale a classi e ceti sociali, persino responsabile, contro ogni spreco.
Ha riguardato il 48,8% degli italiani, in un contesto che ha visto il 32,8% della popolazione tagliare i propri consumi a causa della crisi, il 23,3% dirottarli verso prodotti low cost, mentre il 42,9% ha potuto mantenere inalterate le proprie abitudini di spesa (cala il peso della griffe, solo per il 9,4% è importante, cresce l’interesse per il sostenibile, al punto che il 38,6% premia un’offerta in tal senso responsabile, essendo disposti pure a pagarla di più).
Il low cost ha coinvolto soprattutto settori quali l’assicurativo, bancario, sanitario, grande distribuzione alimentare, abbigliamento e carburanti. E’ nell’abbigliamento che si sono concentrati i maggiori acquisti degli italiani, 68,5%, a seguire casa, arredamento e accessori, 53,1%, viaggi e vacanze, 35,6%, trasporti, 35,6%, alimentari, 35,1%, svago, 30,5%, tecnologia, 21,5%. Sottolineando come la principale leva sia il prezzo (66% degli intervistati), meno influente (18,9%) il potersi togliere qualche sfizio, così come il poter acquistare di più (17,5%).
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