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Newspapers World 2011: il Brasile tira, occhio a India e Cina. Il business è ancora la carta

30/03/2011

Che nel 2012 la Cina diventa il 3° mercato pubblicitario mondiale, con introiti vicini ai 27 miliardi di dollari, superando anche Uk e Germania. Seppur restando un paese difficile, che non dà numeri. Ma, soprattutto, occhio alla tecnologia, che corre e segna la via dello sviluppo delle società editoriali, avendo già modificato il modo di usufruire della notizia. Seppure sia sempre la carta stampata a dare le maggiori soddisfazioni in termine di raccolta. A livello di mercato internazionale, non solo italiano.

Come a youmark racconta Piero Mezzanzanica, ad Blei, incontrato eri a Milano, in occasione della presentazione della ricerca Newspapers World 2011, giunta alla sua IV edizione, dopo l’ultima del 2007.

Per i quotidiani d’informazione, la parità 50/50 tra lettorato maschile e femminile si è infiltrata anche nei Paesi dell’Europa orientale tra la Germania e i Balcani. Tre punti hanno una prevalenza maschile del 10% medio: ad ovest la Penisola Iberica, al centro la Polonia e ad est la Grecia. Il resto dell’Europa mantiene un gap uomo/donna del 5% in favore del primo. 

I quotidiani economico-finanziari restano a maggioranza maschile anche se ampliano la bolla 50/50 riscontrata nel 2007 verso i Paesi al nord dei Balcani. I giornali sportivi, dove ci sono, continuano ad essere una lettura maschile per l’80 o 90% tranne il Belgio che continua nella sua anomalia ma perché è anomalo il quotidiano stesso. Il solo che c’è.

Nel 2007 alla domanda ‘chi legge?’ le risposte sottolineavano lettori affamati nei paesi scandinavi, seguiti dai paesi dell’Europa orientale e in coda l’Europa occidentale. La stessa fonte, la World Association of Newspapers, a distanza di quattro anni conferma i dati precedenti ragionando in numeri di titoli per milione di abitanti.

Cosa si legge? Quattro anni fa si era evidenziato un tessuto di stampa di qualità, offerto dai quotidiani d’opinione, su cui si innestava un Nord ed Est Europa appassionato di quotidiani tabloid e un Sud Europa di quotidiani sportivi, quest’ultimi assenti in Paesi insospettabili come Germania e Uk. Nulla è cambiato a proposito di testate tabloid o di diffusione di giornali sportivi.

Nuovo ingresso della free-press. Nata in Nord Europa nel 1995 e calata verso sud negli anni a seguire con prepotenza e varietà. Si è stabilizzata con 66 titoli in tutta Europa. Germania, Cipro e Malta sono i tre Paesi dove la free press non è riuscita nell’intento. Le due isole sono due piccoli scenari media molto tradizionali. La Germania invece resiste grazie alla forza degli innumerevoli quotidiani regionali e locali che già aggiornano in modo capillare i cittadini delle principali città. E grazie al fedele attaccamento ai titoli consueti, attaccamento che, a parità di scenario regionale in Uk, non impedisce invece il successo della free-press non solamente nella città di Londra. 

Per il resto d’Europa i Paesi dove ha meglio attecchito sono in primis la Svezia, dove tutto è nato, seguita da Francia, Olanda e Spagna. Possiamo generalizzare sostenendo che si sono consolidate le edizioni cittadine di Metro e i free editi dalle principali case Editrici Nazionali spesso costola gratuita del quotidiano più letto. 

Dove si legge?
Per rispondere l’analisi è stata ampliata a quella parte di offerta editoriale che i quotidiani propongono ‘extra-carta’, l’online e tutte le sue modalità di utilizzo. Nel 2007 si era concluso che tutti i quotidiani nazionali avevano aperto un proprio sito web di news dove permettevano l’accesso ai contenuti pubblicati sulla carta, sotto diverse forme. Principalmente con l’e-paper, più o meno tecnologicamente sofisticato, da semplice pdf al più familiare ‘sfoglio elettronico’.

Nel frattempo cresceva la richiesta di interattività. I contenuti cominciano a raggiungere il lettore sul proprio pc attraverso le newsletters, per il momento il miglior mezzo di aggiornamento di notizie. La tecnologia intanto si diffonde a livello di massa, i computer portatili e i cellulari diventano uno strumento a larga diffusione. I quotidiani comprendono prontamente che il lettore è raggiungibile direttamente applicando la tecnologia elaborata da Netscape alla fine degli anni 90. Nasce l'Rss inizialmente acronimo di Rich Site Summary 'il ricco sommario del sito', un invito ad accedere al quotidiano online per aggiornarsi. Poi l’acronimo si trasformò in Really Simple Syndication. 

La vera rivoluzione editoriale nel mondo delle news è quel Really Simple. Concettualmente significa 'è veramente semplice raggiungerti'. In tempo reale testate di informazione online aggiornano le notizie attraverso la tecnologia Rss e la esportano verso il lettore. Di contro comincia a farsi strada anche nel lettore stesso l’idea di scaricare sul proprio portatile, e in seguito sul proprio cellulare, una applicazione ossia un programmino ad hoc che ti permette di accedere all’offerta Rss di tua preferenza sia in termini di referente che di tipologia di contenuti. 

Sostanzialmente, invece di andare ogni volta su un certo sito per vedere se ci sono novità, basterà aprire l'aggregatore Rss e sarà lui stesso a collegarsi al sito ed eventualmente mettere in evidenza che c'è un articolo, una notizia, in generale un contenuto nuovo su quel sito che potremmo andare a consultare. A gennaio 2007 Apple lancia sul mercato l’iPhone. 

Luglio 2008, Apple lancia l’AppStore
. I siti di news si adeguano alla commercializzazione della nuova tecnologia. Studiano applicazioni più o meno complesse e raggiungono così il lettore, già sensibilizzato ad essere raggiunto direttamente sul proprio pc in tempo reale e pronto ad essere raggiunto direttamente sul proprio cellulare. O meglio sul proprio touch screen. 

L’offerta si arricchisce di nuovi contenuti e di collegamenti coi motori di ricerca, con i video di YouTube prima e con l’informazione video poi fino a creare vere e proprie Tv online facilmente fruibili grazie alla semplicità di utilizzo dei touch screen e alla qualità della definizione d’immagine degli smartphones, in testa a tutti l’iPhone, che continua a migliorare.

Ma è già in corso una trasformazione aggiuntiva, le community. Si esaspera la necessità di condivisione della notizia che diventa un’abitudine mentale oltre ad un potente mezzo di comunicazione. Molti giornali nel mondo creano la propria community di fedeli lettori online del proprio quotidiano con tanto di tesseramento virtuale. La maggioranza si appoggia invece ai due grandi social network del momento: Facebook e Twitter trasformandoli in social media. Poi, un anno fa Apple lancia l’iPad e in un anno se ne vendono quasi 15 milioni, 5 volte più delle previsioni al momento del lancio. 2010: si apre il mondo dei tablet. Si stima di venderne 115 milioni entro il 2014.

Non crollano gli abbonamenti come sosteneva Bill Gates nel 2007, anzi le campagne abbonamenti si moltiplicano diventando multi propositive. Le notizie possono raggiungerti a casa col postino mentre fai colazione, sul pc in ufficio, sul cellulare in metropolitana o al supermercato a costi molto contenuti. Per fare un esempio di attualità., il NY Times che ha appena reso a pagamento l’accesso ai contenuti del giornale, salvo una ventina di articoli al mese gratuiti, chiede per l’abbonamento digitale poco meno di 4 dollari a settimana pagabili facilmente online con carta di credito. Si sono abbattuti quindi anche tutti i vincoli spazio/temporali. Ovunque tu sia puoi leggere il tuo giornale preferito. Più semplice che cercare la copia cartacea. Intanto teniamo a battesimo l’iPad 2.

Il monitoraggio delle letture mobile comincia adesso a produrre i primi numeri, almeno in Europa. Negli Stati Uniti dove i monitoraggi sono più avanti e più rodati già non si fa più distinzione tra lettori di quotidiani di carta e lettori online; sono unificati tutti sotto la voce lettori del giornale e poi specifiche a parte. Effettivamente è corretto: di questo si tratta, ossia della verifica di quanti lettori sono raggiunti dai contenuti indipendentemente dallo strumento di lettura.

In ogni caso, esattamente la metà dei paesi europei ha tutti i principali quotidiani nazionali e regionali online. In realtà al di là del calcolo numerico puro le percentuali di Francia Germania e Uk non arrivano a 100% unicamente perché hanno una varietà di quotidiani regionali amplissima che si raccoglie intorno a case editrici che editano più titoli e che hanno ottimizzato l’offerta online conglobando più titoli in un unico sito. Praticamente la totalità dei quotidiani economico-finanziari e sportivi sono online.

Riguardo invece i servizi e le applicazioni, in tutti i Paesi europei i giornali offrono applicazioni per iPhone o smartphone, tranne i giornali estoni e maltesi, ma con percentuali sensibilmente diverse che variano tra un minimo del 4% ad un massimo del 70%. Le applicazioni per iPad o tablet sono presenti su 18 dei 26 paesi esaminati e variano da un minimo del 2% ad un massimo del 42%. L’e-paper e l’Rss sono le applicazioni/abbonamenti diffuse in tutti i Paesi europei con percentuali minime comunque a due cifre.

I social network. I giornali del nostro continente preferiscono Facebook a Twitter. Internet Stats ha stimato gli Utenti Facebook europei e questo è il risultato: un terzo dei paesi europei ha una penetrazione Facebook maggiore del 30% ma senza mai arrivare al 50. Un altro terzo conta utenti Facebook tra il 20 e il 30% degli internauti nazionali mentre l’ultimo terzo sta al di sotto del 20%. Addirittura tre nazioni sono sotto il 10%.

Il 93.4% dei quotidiani stampati sono anche online di cui, il 91.8% di quotidiani d’informazione, il 90.5% di quelli economico finanziari, il 96.8% degli sportivi. le applicazioni Rss sono le più diffuse con un 66% seguite da gli e-papers col 61%. Le applicazioni mobile raggiungono rispettivamente il 30.5% per gli iPhone e il 9.7% per gli iPad. I social Network piacciono ai giornali europei: per il 46% Facebook e quasi il 33% Twitter che sembra essere invece una realtà extra europea. Twitter stesso annovera tra i primi dieci mercati performanti nel mondo solo due nazioni europee: Olanda e Uk, la prima e la decima. In mezzo America e Asia.

Allargando al mondo, India, Usa, Cina, Brasile e Russia sono i primi 5 al nel Ranking monitorato dalla World Association of Newspapers per quantità di titoli quotidiani pubblicati. 

Croazia e Turchia, per le quali sono già stati aperti nel 2005 i negoziati per l’ingresso in Europa, sono completamente differenti, quasi all’opposto in tutto. In Croazia vivono 4 milioni e mezzo di croati con un’età media di 41 anni e un reddito pro-capite stimato a 13.100 euro. Al contrario la Turchia ha quasi 78 milioni di turchi con un’età media giovane, intorno ai 28 anni, e un reddito pro-capite di 9.200 euro. 

Anche lo scenario media è naturalmente diametralmente opposto: 4 quotidiani nazionali d’informazione in Croazia contro 21 in Turchia. Entrambi hanno due quotidiani economico-finanziari. 4 sportivi per i turchi contro uno solamente per i croati. Scarna la produzione regionale croata, ricchissima quella turca che ha impedito l’ingresso della free press: sono stati lanciati due giornali nel 2008 chiusi poi nel 2009. 

Riguardo l’offerta di news online la Croazia conta 2.244.000 utenti con una penetrazione del 50% contro i 35 milioni in Turchia con il 45% di penetrazione. Se confrontiamo i quotidiani e i servizi online con la media europea verifichiamo che tutti i quotidiani di entrambi i paesi sono online; che l’offerta di Apps iPhone sono entrambe superiori alla media mentre è assente quella per iPad. I turchi preferiscono l’e-paper e i croati l’Rss; questi ultimi sono appassionati sopra la media europea di social network i turchi al contrario sotto la media.

Russia.Territorio sterminato coperto da 6 meridiani abitato da quasi 140 milioni di russi, di cui 120 contabilizzati da Gallup come potenziali lettori adulti e la metà, ossia 60 milioni, la soglia degli utenti web rilevata da Internet Stats (42.8% della popolazione). Il 73% della popolazione però si concentra nelle terre occidentali addensandosi nelle aree di Mosca e San Pietroburgo al punto che i monitoraggi Gallup dei lettori prendono d’abitudine in considerazione sia i conteggi nazionali che quelli splittati di Mosca. 

Stimata essere la quinta nazione al mondo per numero di testate quotidiane dalla Wan con 510 titoli, di base possiamo dire che l’ossatura dei giornali d’informazione è formata da testate di fondazione sovietica, rinnovati recentemente, sui quali si innestano nuovi titoli nati negli anni novanta. Il giornale più conosciuto forse è la Pravda che risale al 1912 seguito poi da Izvestia nel 1917 e da Moskowski Komsomolets nel 1919. Negli anni venti nascono Trud (1921) e Kosmomolskaya Pravda (1925). Poi lo scenario resta paralizzato fino al 1990 quando nell’arco di qualche anno nascono altri 4 giornali nazionali. 

La Pravda non sopravvive e cessa le pubblicazioni su carta nel 1992 per riaprire online nel 1999. È interamente post-1990 invece tutta la stampa quotidiana sportiva ed economica, quest’ultima di influenza europea. Forti le edizioni domenicali o i quotidiani settimanali che raccolgono la tradizione; distribuita la free press su Mosca a San Pietroburgo oltre a qualche giornale locale. Riguardo al web possiamo sostenere che tutti i principali quotidiani sono online, che l’offerta mobile è allineata alla media europea se non superiore per quanto riguarda gli Smatphones mentre piace un po’ meno il quotidiano elettronico e Twitter.

Medio Oriente, Emirati Arabi. Un popolo di 5 milioni di abitanti in un contesto etnico molto frammentato; metà sono sud asiatici, il 42% arabi e il restante 8% un mix tra cui occidentali; ma quasi tutti musulmani. Dei 5 milioni si stima che poco meno di 4 e mezzo siano lettori, al 70% uomini. Si parlano 5 lingue: quella araba è l’ufficiale e copre il 37% dei lettori mentre le altre 4 lingue (persiano, inglese, hindi e urdu) coprono il 63% dei lettori. Automatico che l’informazione sia anch’essa frammentata: i principali giornali sono in arabo (40%), inglese (40%) e lingue di matrice indiana (20%). C’è un giornale economico in arabo e uno sportivo in inglese. Sempre in inglese anche la sola free-press su Dubai e il Sunday newspaper. La penetrazione web è molto alta vicina al 76%; i quotidiani quasi tutti online. Piace anche l’offerta mobile e i social networks tutti al di sopra della media europea.


Cina. Seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti; un continente più che una nazione che conta 34 tra regioni, provincie e municipalità la più piccola delle quali equivale ad un paese europeo. Oltre un miliardo e 300.000 persone, relativamente giovani con un’età media intorno ai 35 anni ed un reddito pro-capite di circa 5.540 euro, valore medio poco attendibile per i forti squilibri di reddito tra popolazione urbana e rurale.

Terzo paese al mondo per numero di quotidiani secondo Wan con quasi 1.000 titoli sul territorio. L’ultima volta che Blei affrontò i media di questo mercato fu nel 2005 con uno studio interamente dedicatogli. Ci vollero però tre anni di raccolta dati in un mondo che i dati non li scrive e li racconta poco.

L’attuale è un focus sui 4 punti geografici di interesse per l’advertiser italiano, Pechino, Shanghai, Hong Kong e Taiwan. Si rilevano, per i nazionali 8 quotidiani d’informazione, 10 economico-finanziari, 3 sportivi. A parte i giornali sportivi che sembra abbiano rilevanza solamente nazionale con numeri importanti di diffusione, tutte le altre città esaminate contano altrettanti giornali d’informazione (circa una decina) e economici (2/3 titoli ognuna). La free press è presente su tutte queste piazze con almeno un titolo.

Fare considerazioni oggettive sulla lettura in Cina è praticamente impossibile perché non esistono fonti certificate e attendibili salvo qualcosa su Hong Kong: bisogna molto basarsi sulle dichiarazioni degli Editori e sull’esperienza di partner sul territorio. E’ vero anche che non si comunica mai sull’intera Cina, non ci sono budget sufficientemente importanti per un’operazione pubblicitaria globale su un territorio così vasto. Si comunica e si concentrano i budget pubblicitari nell’area di interesse commerciale.

Presenza online, a confronto con la media europea, salvo i giornali sportivi, le restanti tipologie sono al di sotto in modo abbastanza visibile. I social networks classici piacciono pochissimo, un po’ meglio il mobile. Ma la Cina deve fare i conti con la Tv, vero mass-media nazionale. Le proiezioni di esperti segnalano però una stima di crescita della pubblicità online, che senz’altro ne cambierà gli equilibri, tre volte più veloce di quella classica al punto che si ipotizza il 2013 come anno del sorpasso. Ma già nel 2012 la Cina dovrebbe diventare il 3° mercato pubblicitario mondiale con introiti vicini ai 27 miliardi di dollari, superando anche Uk e Germania.

India. Mondo più complesso di quello cinese, 28 stati e 7 territori oltre al distretto della capitale Delhi. Un miliardo e 200.000 persone, mediamente giovani (26 anni) di tre ceppi etnici, che professano almeno 6 religioni, parlano 24 lingue e leggono prevalentemente giornali. E’ stimato infatti essere il primo paese al mondo per numero di quotidiani pubblicati risultandone censiti 74.409 a livello nazionale; secondo il Wan invece sono 2.337; secondo fonti locali a noi ne risultano 6.600 di cui 600 realmente pubblicati tutti i giorni. Esiste un Ente indipendente per il monitoraggio dei lettori stampa, dal nome simile a quello inglese ma di difficile accesso, che stima un totale lettori adulti indiani di circa 680 milioni di cui 87 milioni di classe sociale A.

Lo scenario dei quotidiani è prospero grazie ad un tasso di alfabetizzazione che cresce a due cifre in tempi brevissimi e che genera, sostengono i giornali stessi, l’arrivo di generazioni intere di nuovi lettori e anche grazie allo sviluppo dell’economia che ha dato un grande impulso alla pubblicità classified di cui i giornali indiani sono zeppi con introiti rilevanti che permettono di tenere bassi i costi di copertina e quindi di riflesso aumentare le vendite e conquistare ulteriori nuovi lettori.

Non avendo studi precedenti sui media indiani se non due flash sui periodici e vista la complessità dello scenario, se è analizzato anche il panorama Stato per Stato con i titoli prioritari, circa un centinaio dei 600 di rilievo dei 74.049 presenti sull’intero mercato.

Di questi, a livello nazionale, se ne contano una ventina di cui 10 in lingua inglese e 4 in hindi per l’informazione; 8 economico-finanziari e nessuno sportivo. Anche la free press è assente dopo un tentativo su Chennai nel 2007 durato un paio d’anni e oggi solamente online. 

Forte la presenza di utenti internet, intorno agli 81 milioni, il 7% della popolazione, e buona l’offerta online dei quotidiani tutti al di sopra della media europea. Piace il quotidiano elettronico, i social networks, ancora al di sotto della media europea invece l’offerta mobile.

Brasile. Anche in questo caso siamo in un territorio immenso, pari a circa metà della Russia, e anche qui il 62% della popolazione si distribuisce sulla costa atlantica tra Rio de Janeiro e San Paolo. Ventisei stati confederati, poco più di 200 milioni di abitanti per oltre la metà discendenti di europei, 6% discendenti africani e il restante 38% di razza mulatta. Un popolo giovane con un’età media di 29 anni di lingua portoghese. Quarto paese al mondo per numero di quotidiani pubblicati presenta una realtà molto frazionata, stato per stato, con solo una manciata di giornali nazionali ma molto forti. Il monitoraggio dei lettori, come in Russia, viene rilevato sia a livello nazionale che nei principali 9 stati quelli naturalmente collocati lungo la costa atlantica dove si concentra la popolazione.

Così come per l’India non avendo precedenti se non sulla periodica e trovandoci in terra di quotidiani, l’analisi è Stato per Stato; scelta necessaria per avere uno scenario equilibrato perché configurato dalla somma di molti quotidiani definit regionali ma che in realtà sono nazionali per lo Stato di riferimento.

in merito alla stampa nazionale, 4 quotidiani d’informazione, tre economico finanziari e due sportivi. C’è stato l’addio di due grandi titoli nazionali, Jornal do Brasil che chiude le pubblicazioni su carta nel 2010 dopo 119 anni di onorata tradizione, e Gazeta Mercantil, quotidiano economico, chiusi entrambi per mano di speculazioni politico-economiche sbagliate dello stesso autore che ha rischiato oltre il limite in un momento economico florido per il Brasile, in contro tendenza mondiale, con un aumento della classe media quantizzato in 7 milioni di nuovi appartenenti.

L’offerta web è buona con tutti i quotidiani online con una buona proposta elettronica di lettura, l’e-paper, e una passione per Twitter, Social Network che raccoglie nel paese una penetrazione che sfiora il 22%, seconda delle prime 10 nel mondo.

Stati Uniti. Si sono esaminate le testate quotidiane sovranazionali e una campionatura equilibrata cogliendo tre Stati tipo, uno sulla West Coast (la California) uno al centro (l’Illinois con Chicago., terza città nordamericana dopo New York e Los Angeles) e uno sulla East Coast (la Florida) più naturalmente New York senza la quale non si può parlare di USA. Qui risiedono i quotidiani che, oltre a coprire il proprio Stato, distribuiscono anche sul resto del territorio; i quotidiani che hanno raccolto più premi Pulitzer nel tempo per la qualità del loro editoriale; quotidiani i cui giornalisti stessi appartengono al Comitato di Assegnazione del Premio. Nomi com Ann Marie Lipinski, Editor del Chicago Tribune, Thomas Friedman editorialista del New York Times e Paul Gigot del Wall Street Journal, Anders Gyllenhall, Editor del Miami Herald.

Il capitolo USA ricalca la struttura degli altri evidenziando quotidiani di informazione ed economici. I giornali americani in generale e statunitensi in particolare hanno un formato lungo e stretto a cui noi europei non siamo abituati. Sono suddivisi in Sections tematiche ricche di articoli e commenti, giornali nel giornale. Pesanti come biblioteche al punto che 40 anni fa, quando il New York Times decise che fosse necessario coprire anche i lettori americani residenti in Europa, gli convenne fondare un nuovo giornale con Sede a Parigi piuttosto che spedire il quotidiano oltre oceano tutti i giorni. Costava meno e nacque l’International Herald Tribune.

Si citano come veramente sovra-nazionali Usa Today e Wall Street Journal per contenuti e distribuzione. Poi sono distribuiti sul territorio il New York Times in primis e a seguire gli altri grandi titoli che vedete. Segnaliamo che all’ombra della straordinaria diffusione del Wall Street Journal esistono altri due quotidiani economici sul territorio: Investors Business Daily con sede a Los Angeles e Financial Times, il quotidiano europeo. Non c’è un quotidiano sportivo nella migliore delle tradizioni anglosassoni, ma ci sono delle Sport Sections nei quotidiani d’informazione che sono più che esaurienti.

Un appunto sul monitoraggio dei lettori. Ogni Stato ha il suo rilevamento demografico di lettura. Esiste però uno studio sovranazionale condotto dalla Ipsos e chiamato Mendelshon Affluent Survey che monitora trasversalmente la fascia di lettori con reddito superiore ai 100.000 $. Fascia che viene soprannominata People Elite ed effettivamente lo è. Troverete i dati nello studio così come troverete anche i principali altri giornali degli Stati che abbiamo monitorato. Ce ne sono diversi per ognuno a copertura della nazione fino alle più piccole comunità locali. La free press, realtà negli Usa da poco meno di 10 anni copre una dozzina di città sul territorio.

C’è poi molto web. Confrontiamolo con la media europea, consapevoli si stiano trattando 3 stati su 50 anche se i più popolati e rappresentativi; al di sopra delle medie europee specie nell’offerta mobile e nei social network..

Una curiosità o forse un fatto di nuovo pionierismo. Il primo marzo, un mese fa, a Rockville nel Maryland, una Contea vicino a Baltimora; 200 miglia a sud di New York, è nato anche il primo quotidiano solo su Facebook grazie all’osservazione di Cindy Cotte Griffiths, editor di un piccolo giornale locale, il Rockville Central, che ha deciso che, parole sue: “È inutile fare lo stesso lavoro di informazione su due spazi diversi quando se ne può tenere aperto solo uno. Andiamo dove sta la gente’’. L’operazione è seguita da vicino dall’Università di Harvard.



 

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