Sei in: Youmark > Rubriche > Interviste
James Sommerville, co-fondatore e direttore creativo Attik
rss

Attik, non per soldi ma per eccellere

07/11/2007

La sigla cede alle lusinghe di Dentsu. James Sommerville, co-fondatore insieme a Simon Needham, spiega a youmark perché.

Sono trascorsi ventun anni da quando i due diplomati alla britannica Batley School of Art hanno aperto in una mansarda di Leeds il loro studio di graphic design. Da qui il nome Attik. L’intuizione iniziale è stata quella che ne ha poi decretato il successo: applicare il digitale a qualsiasi mezzo, fosse esso il web o il broadcast. Via via il campo di azione si è ampliato, per aprirsi alla brand communication in senso lato. La start up iniziale si è trasformata in una company con uffici anche a New York, San Francisco, Los Angeles e clienti come Coca-Cola, Heineken, Boost Mobile, ExpressJet Airlines, Scion.

Di qualche giorno fa la notizia dell’acquisizione da parte di Dentsu. Attik U.K. rimarrà un’entità indipendente, come sussidiaria di Dentsu Holdings Usa, mentre Attik U.S. opererà come Attik, divisione di Dentsu America. Invariato il management, a iniziare dagli stessi Sommerville e Needham, che continueranno a operare come direttori creativi.

E se è comprensibile l’interesse della holding nipponica - Hiromi Yoshida, presidente Dentsu Holdings Usa, ha sottolineato l’importanza del digitale per acquisire nuovi clienti sia in Usa sia in Europa - viene da chiedersi perché la coppia inglese abbia accettato l’offerta. Puro calcolo economico? Youmark lo ha chiesto a James Sommerville.

Molti direttori creativi lasciano i grandi network di comunicazione e aprono i loro hot shop. In diverse interviste ci hanno dichiarato che l’indipendenza non ha prezzo. Voi avete iniziato con un piccolo studio grafico e siete diventati fra i più importanti al mondo per creatività e digital expertise. Ora avete deciso di vendere, diventando parte di una grande holding. Perché? La risposta sta nei soldi?
“Da quando esistiamo abbiamo sempre fatto ciò che era necessario. Non ci siamo mai fermati e non abbiamo mai immaginato un futuro che non fosse in linea con le nostre corde. Alla fine, come indipendente, arrivi a un punto in cui per raggiungere nel mondo successi più grandi ti devi alleare con un grande player. Non vogliamo ritirarci, anzi il contrario. Con questa intesa desideriamo creare un nuovo modello di comunicazione che ci consenta di eccellere ulteriormente”.

Oggi, nel vostro lavoro, la tecnologia è più importante della creatività?
“No e non lo sarà mai”.

Qual è la tua visione futura sui devices e la comunicazione?
“La comunicazione è importante in tutti gli aspetti della nostra vita, non solo nel business. In questa epoca ci sono più modi e più strumenti che consentono alle persone, e ai brand, di comunicare. Ma più gli strumenti diventano diversi, veloci e razionali, più abbiamo bisogno di avvertire un’emozione quando comunichiamo. Siamo convinti che in questo il design giochi un ruolo importante”.

Di recente un giornalista italiano ha dichiarato durante una trasmissione che senza un pc o un palmare non si è nel XXI secolo (Alessandro Cecchi Paone, ‘L’Isola dei Famosi’, ndr.). Il pubblico, tra cui anche diversi giovani, ha fischiato. Cosa ne pensi? “Immagino che per un giornalista questi strumenti siano indispensabili. Credo che la differenza di percezione stia nell’età. Persone della nostra generazione, nate quando computer e cellulari non erano diffusi o non esistevano, percepiscono il valore aggiunto che offrono e ne avvertono l’indispensabilità. I giovani di oggi, al contrario, li hanno avuti a disposizione sin dall’inizio e fanno parte della loro vita. Ecco perché per loro sono molto più importanti le relazioni umane, che noi invece diamo per scontate, e le cercano anche attraverso i nuovi devices. In fondo, per tutti, è una ricerca di equilibrio”.

Facile realizzare grandi lavori per grandi brand come Scion, Coca-Cola o adidas. Ma cosa mi dici a proposito di piccole aziende con piccoli budget?
“Realizziamo anche progetti con minori investimenti alle spalle e per noi è molto importante. Ma in ogni caso non è così semplice dar vita a ‘grandi lavori per grandi brand’. Anzi, in realtà è piuttosto complesso per i diversi obiettivi strategici a cui dare risposta a livello globale. Con i brand più piccoli c’è maggiore libertà di manovra e le probabilità di creare un ottimo lavoro aumentano. Il rischio di sbagliare è minore. Questa libertà supplisce alla minore consistenza dei budget. 80/20 la regola è questa”.

Quale sarà la più importante sfida di Attik nei prossimi due/tre anni?
“Realizzare ottimi lavori e rendere i nostri clienti, il nostro staff e noi stessi felici. Lo stesso obiettivo degli anni passati”.

Quante mail ricevi ogni giorno sul tuo blackberry?
“Cos’è un blackberry"?


 

guarda tutte le Interviste


Giorno Settimana Mese