Adv interattivo, creatività l’anello debole
05/11/2007
Siamo in una terra di mezzo dove c’è ancora molto da fare. Perché i nuovi formati richiedono un passo oltre. Numerose le sfide ma anche le opportunità. Come la profilazione dell’utente, grande asset competitivo per chi la pubblicità la vende. Youmark ne parla con Paolo Pisano, coordinatore televisione digitale terrestre Publitalia ’80.
A fine mese scenderà nell’arena anche Sky Pubblicità. Sul telecomando sarà attivo il 7° link, quello dell’advertising on demand. Alle aziende la possibilità di occupare uno spazio fino a 4 Mb con filmati di max 30 minuti, foto e schede prodotti, dando vita all’interattività con lo spettatore. Il tracking inizialmente sarà affidato alle indagini telefoniche, per poi approdare sul doppino telefonico e seguire ‘passo per passo’ il percorso dell’utente.
Mediaset è attiva da due anni, da quando nel marzo 2005 lanciò il primo spot interattivo. E via via ha sviluppato nuovi ‘luoghi’ per consentire all’inserzionista una maggiore visibilità. Oggi la sua raccolta sul digitale vale intorno ai 5 milioni di euro, più o meno quanto quella di un canale tematico e ancora poco rispetto ai 3000 milioni di euro di raccolta complessiva. Ma il tasso di crescita in due anni è più che raddoppiato e molto ci si aspetta dai prossimi a venire.
Anche H3G fa sua la definizione di ‘media company’ e mette le mani avanti sulla torta pubblicitaria, sottolineando il plus già esistente del personal advertising. E infine Telecom Italia ribattezza ‘Niumedia’ Virgilio Advertising, a ribadire il suo interesse nei media digitali, in primis con Rosso Alice, e tutto quello che ne consegue.
Lo scenario, emerso in occasione del seminario 'I formati pubblicitari della tv interattiva in Italia' promosso a Milano dallo Iulm martedì scorso, se da un lato lascia intuire il fermento che ci circonda, dall’altro evidenzia i ‘buchi neri’ che chiedono ancora di essere colmati. A iniziare dalla creatività che, come spiega lo stesso Pisano, non può limitarsi ad essere una mera trasposizione di quanto viene fatto sui media tradizionali.
Se il telespettatore va stupito, diventa necessario offrirgli qualcosa di diverso, invitarlo a giocare, incuriosirlo, intrattenerlo. Bisogna che tutti dimostrino la propria buona volontà: le strutture di comunicazione, a cui viene richiesta nuova linfa e l’investimento in risorse, le case di produzione sul versante realizzazione, gli editori e le concessionarie per la messa a punto dell’offerta.
E le aziende, aggiungiamo noi. Che ‘osino’ un po’ di più e che allarghino i cordoni della borsa. Perché se è vero che i budget non vanno gettati al vento, altrettanto vero è che ‘senza soldi non si cantano messe’. I cervelli costano e quello del pensare rimane ancora oggi un mestiere che non può essere affidato alle macchine. Alla fine, nell’esasperato gioco al ribasso, non ci guadagna nessuno.
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