L’advertising è una categoria irreale
31/10/2007
Greg Perlot, ex uomo Microsoft e co-fondatore di 72andSunny, spiega a youmark perché investire 400mila dollari in un 30” è diventato stupido e superfluo.
Come director of Advertising and Brand Research della multinazionale di Bill Gates è stato responsabile del global brand messaging e gestito un budget media di 200 milioni di dollari l’anno. Tre anni fa, insieme a John Boiler, Glenn Cole e Robert Nakata, ha dato vita all’agenzia con quartier generale a Los Angeles e uffici a Amsterdam, dove ha portato molto della sua expertise di 'ex cliente'. Inevitabile aprire l’intervista a partire proprio dal suo trascorso nella company di Cupertino.
L’esperienza in Microsoft ti ha fatto cambiare punto di vista sulla comunicazione?
“Microsoft è abituata a operare su larga scala e con un altissimo grado di precisione. Al primo posto ci sono la capacità di misurare le azioni e gli standard qualitativi, che sono anche il nostro valore qui in 72andSunny e che probabilmente ho ‘ereditato’ dalla mia esperienza in Microsoft come cliente. Questa sintonia ha facilitato la nostra partnership su brand come Xbox e Zune negli ultimi tre anni”.
Siete nati per l’appunto tre anni fa e ancora adesso siete una sigla indipendente. Quale pensi sia oggi il vantaggio di essere indipendenti in un mondo che diventa sempre più globale? L’indipendenza, per un’agenzia di pubblicità, è un limite alla crescita?
“L’essere indipendenti ci permette di agire da indipendenti. Collaboriamo con chi vogliamo e investiamo in ciò che è importante per il nostro business. E’ un modo rapido di lavorare, ed è un piacere non dover avere a che fare con i conflitti e gli obiettivi finanziari tipici delle sigle che fanno capo a qualcuno. Oggi il far parte di un network o di una holding non è più un requisito per realizzare un grande lavoro, così per una sigla è possibile crescere organicamente in base ai suoi obiettivi strategici, trovando eventuali alleanze con partner che la pensano allo stesso modo per arrivare laddove da soli non sarebbe possibile. Ma noi abbiamo uffici sia negli Stati Uniti sia in Europa e non troviamo ostacoli per operare anche a livello mondiale”.
La tua visione dell’advertising è di ampio respiro. Con la creatività che sposa anche altre forme di arte. Ma questo approccio alla comunicazione non è riservato solo a pochi prodotti come Zune? Vale a dire, è possibile fare qualcosa di differente anche per un detersivo?
“Ogni brand ha un diverso modo di relazionarsi, ma sempre di relazioni si tratta. Ora che le persone hanno molte più possibilità di entrare in contatto con i brand e di gestire con cosa entrare in contatto, il marketing è obbligato ad aprire il canale della conversazione. Quando smette di relazionarsi con me, io smetto di sintonizzarmi. La realtà è che ognuno di noi ha diversi interessi e diverse identità. Arte, musica, architettura, la nostra famiglia, la nostra community, la nostra salute, la nostra politica, le nostre paure. Fa tutto parte di un’equazione. Quindi la domanda non è quali tipi di brand possono scendere nell’arena, ma per quale motivo devono farlo. Dobbiamo ripensare il modo in cui abbiamo finora ‘conversato’ con il consumatore perché ogni cosa deve essere posizionata in qualche contesto di vita. Altrimenti viene semplicemente ignorata”.
Cosa pensi degli unconventional media come il guerrilla o il virale?
“Le persone utilizzano il terminale ‘virale’ per indicare semplicemente l’online e l’event marketing. Con un’idea di rapporto one to one. Niente di nuovo, fatto solo con più attenzione. E’ una parte necessaria della conversazione perché è dove oggi si incontrano i consumatori”.
Quali sono, allora, le potenzialità del web non ancora esplorate?
“Sembra che la linea che separa tv tradizionale e web sia destinata a scomparire per sempre. Oggi posso ancora scegliere se essere passivo o attivo nella fruizione dei media. Ma non sarà sempre così, e questo porterà a dover cambiare il modo in cui pensiamo alla ‘web’ communication. Diventerà semplicemente comunicazione e il consumatore si troverà all’interno di un processo di acquisto in base alle azioni che compirà quotidianamente”.
Avete anche un ufficio ad Amsterdam, quali sono le differenze più interessanti fra i clienti americani e quelli europei?
“La maggior parte dei nostri clienti sono globali, ma in Europa l’idea di design è più integrata. E’ una prospettiva con cui ci sentiamo meglio a nostro agio”.
Conosci qualche campagna italiana, cosa ne pensi?
“Mi spiace, non me ne viene in mente nessuna. Quando sono in Italia sono troppo impegnato a mangiare per guardarmi intorno”.
Quale sarà la sfida più grande dell’advertising nei prossimi cinque anni?
“Scuotere la percezione che l’advertising è una categoria reale. Non interessa a nessuno sapere chi sono gli eroi in pubblicità, a parte chi ci lavora. Oggi che YouTube e Facebook sono tra noi e che ognuno è in sostanza un marketer, spendere 400mila dollari per un piccolo commercial da 30” suona piuttosto stupido al normale business man. Il mondo è sempre più improntato al do it your self, quindi l’industria dell’advertising si deve iniziare a concentrare sulla differenza che è in grado di creare e focalizzarsi meno sulle piccole cose intelligenti e care che ha fatto finora”.
E quali saranno le sfide di 72andSunny?
“Continuare ad aggiungere skills, talento e abilità in sintonia con la nostra cultura e velocità. Siamo consci che, con le nostre 50 persone, stiamo entrando in una nuova fase di crescita e vogliamo essere molto attenti al modo in cui questa crescita avviene. Chiunque approda qui deve portare qualcosa di nuovo. E’ la nostra unica richiesta. Trovare le persone giuste è la nostra sfida più importante”.
Greg Perlot
Nel 2003 fonda insieme a John Boiler, Glenn Cole e Robert Nakata, l’agenzia di advertising, design and brand 72andSunny, di cui è anche strategy director. Fra i clienti, Microsoft Zune, Bugaboo, Quiksilver, And1, Avia e G4 Tv. Ex director of Advertising and Brand Research in Microsoft Corporation, ha anche lavorato in Publicis, BBDO e Dailey & Associates. Fra le sue passioni l’architettura, il design e il baseball.
guarda tutte le Interviste