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In fuga dai consumi

29/10/2007

Maturo, esperto, informato? Cretinate. Il consumatore contemporaneo è irritato, depresso, disilluso. L’acquisto non gli dà più gioia. Perché oggi la sua felicità è estranea al mercato, riguardando cose che non si consumano nè vendono. E il marketing è preda della follia di spendere sempre più, per portare a casa sempre meno. Tra il serio e il faceto, la profezia senza veli di Enrico Finzi, presidente Astra Ricerche. 

Lo scenario è allarmante. Al netto dell’inflazione, il marketing deve spendere il doppio di quanto accadeva agli inizi degli anni ’90 per ottenere gli stessi risultati di awareness, reputazione, notorietà, intention to buy. 

Troppe marche, troppi prodotti, troppi punti vendita, troppa pubblicità, troppe promozioni, troppo tutto. E se i consumatori delle fasce più basse si trovano compressi dalla progressiva perdita di potere d’acquisto, i più abbienti hanno cambiato rotta, definendo in ‘altro’ ciò che può renderli felici. Di certo non il consumo. Visto che manca persino lo spazio per mettere le cose e il tempo per goderle. 

Oltre a perdere efficacia per l’affollamento, il marketing soffre per carenza di ‘illuminazioni’. Dovrebbe spiazzare, coinvolgere, sorprendere e motivare. Il tutto abbassando i costi per il consumatore. In realtà prodotti e comunicazione si appiattiscono verso l’omologazione, imitandosi per performance e linguaggi. E non è solo per i troppi spot o jingle. E’ un problema e basta. Perché anche tutto il resto abbonda e si assomiglia. 

La soluzione? Scrematura. Delle marche, dei prodotti, del marketing, della comunicazione, dei manager. Almeno 1/3 in meno. Una moria dettata da darwiniane visioni. Tirando in ballo anche Schumpeter e la sua ‘distruzione creativa’, per cui le imprese migliori fanno profitti, quelle mediocri li fanno meno e le peggiori scompaiono. Aumentando le possibilità di successo delle altre.

 

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