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Hagakure: internet è un posto, non un media. In Italia doppio snobismo

03/11/2010

Lanciando Marco Massarotto al microfono di youmark una sfida al prossimo Iab Forum 2011, perché il tema dell’assenza di dialogo tra mondo dell’analogico e del digitale rappresenti il focus della discussione. Da cui partire per il futuro. Che in Italia ancora soffre della dicotomia tra i 25 milioni quotidianamente in rete e i totalmente estranei. Convinti che nemmeno i 14 milioni di smartphone nei prossimi anni in circolazione sapranno risolvere il device, ipotizzando i possessori tra quelli già avvezzi alla rete. 

Insomma, il dito va direttamente sulla piaga del salto generazionale, che tradotto in comunicazione è ben spiegato dalla presenza di manager che ancora mal sopportano addirittura la mail. Intanto internet galoppa. Contro chi lo dichiara morto, contro chi lo vede luogo adatto a pochi, o schiacciato dalla morsa del monopolio Google. 

Anche il colosso Usa (in 12 soli anni ha saputo divenire uno dei brand più potenti al mondo), infatti, potrebbe essere scalfito dalla democraticità della rete. Basterebbe solo che i social media affondassero maggiormente le grinfie sul mercato del traffico, dirottando in modo cospicuo le ricerche degli utenti. Senza parlare dell’atteso sopravvento dei video, più difficili da rilevare al fine della contestualizzazione. Perché in un mercato come questo sbagliare una curva può significare finire al palo. Facebook ha soli 4 anni. Intanto cresce Twitter. 

Vero, comunque, che applications e video saranno i must del prossimo futuro. Ma attenzione, si tratta di strumenti, non di fini. Rilevanti non tanto per le technicality che esprimono, quanto per il senso. Ed è su quello che le aziende dovrebbero concentrare la loro svolta culturale. Interpretando la rete non tanto come media, ma come luogo. Dove le persone si esprimono e conversano. Dunque irrinunciabile, per sempre, visto che la gente non smetterà mai di parlare. 

Non solo social network (in Facebook ben 17 milioni di italiani), ma anche 1 milione di blog, i forum. Poco importa come i pensieri scorrono, che siano tradotti in video o parole, l’importante è l’opinione, il suggerimento, il punto di vista, parere, critica, consiglio. Il dialogo a due, mille vie. 

Avendo già visione di un mondo always on, ovunque. Nuove organizzazioni del lavoro, team operativi 24 ore su 24, poliglotti. Uno scenario che per taluni è già realtà. Per Hagakure, ad esempio. Con taluni clienti a richiederlo. Così come la gente si esprime sempre, i brand non possono rischiare ‘buchi’. Si potrebbero perdere occasioni, o lasciar nascere problemi senza prontezza di risposta. 

Non parliamo solo dei brand pionieri, clienti qui storici, come Fiat (Hagakure pensa al dialogo della marca nei social media del mondo), Telecom (oggi fa i customer care in Twitter), o Barilla. Ma anche delle new entry, con moda e beauty (Bulgari, Estée Lauder, L’Oréal) a spingere l’acceleratore. Ovviamente volendo parlare rigorosamente inglese. E così Microsoft o Media World. 

Infine, a chi dubita dell’oggettività della rete basti un dato. Ogni misurazione, dall’auditel in giù, è proiezione. Il web, insomma, garantisce più precisione di tutte. Nessuna paura, poi, per blogger o opinionisti tangentati. Nessuno di loro sarebbe disposto a perdere credibilità promuovendo un prodotto che non vale. Anche perché, non c’è dubbio, tutta la rete lo verrebbe presto a sapere.

 

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