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Cremona: l' Adci ha bisogno di impegno 24 ore su 24. Ma se non si fa sistema, inutile piangere

07/10/2010

Dopo tre anni di mandato come presidente, Marco Cremona ha deciso di passare il testimone. Tre anni non facili, con una crisi che ha massacrato anche il comparto della comunicazione. Investimenti pubblicitari in calo, agenzie 'costrette' ad accettare incarichi con fee sempre più risicati, necessità di tagli di personale, progetti col fiato corto che puntano più alla campagna del momento che alle strategie di ampio respiro. E di tutto questo anche la 'Creatività' - quella con la 'c' maiuscola - ne paga le conseguenze. Difficile, dunque, per un'associazione nata per tutelarla e promuoverla proseguire nella sua missione.

Come valuti il periodo della tua presidenza?
"E' stato affascinante, ma anche complicato".

Di cosa sei più soddisfatto?
"Di aver cambiato i criteri di valutazione delle campagne da premiare nell'Annual, riuscendo a dare il giusto riconoscimento alle idee migliori. Senza condizionamenti. Direi che in questo modo il gap che avevamo rispetto agli altri Paesi è stato colmato".

C'è però chi dice che, in pratica, le agenzie che hanno più rappresentanti continuano ad avere più 'peso', anche nelle votazioni
"Tutte le regole si possono aggirare. Però i fatti dicono che negli ultimi tre anni i lavori presenti nei nostri Annual sono quelli che poi hanno spiccato anche a livello internazionale".

Cosa invece rimpiangi?
"Di non aver potuto dedicare all'associazione abbastanza tempo. Purtroppo il mio percorso professionale non mi permette di riservare a questo incarico ulteriore impegno. In realtà, comunque, non sarebbero sufficienti nemmeno le 24 ore della giornata". 

Ci sono diverse critiche mosse all'Adci, fra cui quella di non avere voce sul mercato. Insomma, di non riuscire a far valere nei confronti della controparte, cioè le aziende, il valore della vostra professionalità. Come presidente è un problema che ti sei posto?
"Per il mio mandato mi sono concentrato su alcuni aspetti, come appunto il rivedere i criteri di valutazione delle campagne da inserire nell'Annual, o dare più spazio ai giovani. E la Portfolio Night in tale senso mi sembra sia un successo. Quella di avere una missione anche all'esterno, francamente come associazione non ce l'abbiamo. Per scelta. In ogni caso, ci siamo mossi anche in questa direzione. Di recente, infatti, abbiamo preso contatto con alcune istituzioni con l'obiettivo di ridare lustro e dignità al nostro mestiere. Ammesso che questo sia ancora possibile".

Di recente, tramite la nostra testata, alcuni direttori creativi - Aldo Cernuto, Cesare Casiraghi e Pino Rozzi - hanno riportato alla ribalta il tema del valore delle idee e di un certo malcostume riguardo alle gare indette dalle aziende per scegliere la struttura a cui affidare il proprio budget. Qual è la tua posizione?
"Sono assolutamente d'accordo. In qualche modo dobbiamo difenderci da barbarie procedurali come il coinvolgimento di 20 agenzie in una gara, spesso senza rimborso. Ma la colpa se siamo arrivati a questo è anche nostra e i clienti, giustamente, ne approfittano. Quello che sta avvenendo oggi è frutto della nostra scarsa volontà e capacità di stare in gruppo, di fare fronte compatto. Il mondo della pubblicità  è poco avvezzo a questo. Ci piace essere protagonisti".

Quale il tuo augurio al prossimo presidente Adci?
"Sono curioso di vedere dove andrà a parare. Se proseguirà il percorso che abbiamo imboccato oppure se sarà un presidente di 'rottura'. Insomma, quali saranno le sue scelte per rendere ancora migliore il nostro club".

 

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