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Fabrizio Piscopo, direttore generale Sky Pubblicità
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Fabrizio Piscopo/ Sky: l'Italia non è l'Uk

22/10/2007

Un leader di mercato come è Sky ottiene dalla pubblicità solo il 10% del suo fatturato. Grazie al web, non sembriamo più disposti a pagare i contenuti. E  abbiamo anche sempre meno tempo, frammentando progressivamente il consumo media. Cosa centra? E' che se nel 2012 la tv si farà in mille, o forse più, non è scontato capire come potrà sopravvivere. Youmark lo ha chiesto a Fabrizio Piscopo, direttore generale Sky Pubblicità, entrando nelle sue personali visioni. Di scenario e di business, naturalmente.

Il digitale terrestre apre l’ingresso a un’infinità di nuovi canali, gratuiti. Se tanto ci dà tanto, sembra difficile pensare che tutti potranno trovare nella torta pubblicitaria, che purtroppo più di un tot non s’allarga e, dunque, in più si è meno se ne mangia, risorse necessarie a sostenere la produzione di contenuti, tanto più se di qualità. 

Come vedi l’uscita da questo ipotizzato tunnel?
“Il digitale terrestre, se arricchito di contenuti, come negli altri Paesi, potrebbe penetrare in 10 milioni e mezzo di famiglie entro il 2010 e quindi avere gli stessi risultati di share della generalista. Nel caso specifico, quindi, non sarebbe necessario entrare nel mercato delle nicchie, poiché si potrebbero generare revenues utilizzando le stesse strategie della tv tradizionale. In sintesi, cambierebbe solo il media, non le strategie”.

Se nel 2012 il digitale terrestre sarà finalmente realtà, quanto potrà impattare la sua concorrenza sul vostro business?
“Nulla perchè proprio in base alle ragioni sopra elencate , il target di Sky rimarrebbe esclusivo e scevro da contaminazioni”.

Pensi che anche per la nuova tv varrà il paradigma internet per cui i contenuti a pagamento non convincono l'utenza?
“No, sono due mondi diversi, salvo l’eventuale convergenza su un unico screen di molteplici contenuti, ma questo verrebbe a significare un’ulteriore rivoluzione del sistema. Oltretutto, credo che oggi i contenuti a pagamento sul web più che non convincere, discrimino il target, attirando un pubblico più colto e agiato. Ma si tratta di una mia personalissima convinzione. A supporto della quale cito l’esempio di Dagospia”.

La nuova sfida televisiva si giocherà tutta sui contenuti, ma quanto i 'nano share' saranno in grado di sostenere la qualità degli stessi?
“Quanto lo è già attualmente internet con la sua ‘coda lunga’, cioè quanto è dato da parte dell’editore in termini di facoltà di scelta al fruitore. Tanto più la scelta sarà ampia, tanto più la fruizione sarà elevata. Per pianificare basta lo stesso semplicissimo principio del delineare i target” .

Non ti capita di essere spaventato da tutto questo proliferare di canali? Per quanto si possa puntare sulla globalità delle nicchie, per quanto personalizzate e approfondite diventino le informazioni, alla fine come farà l'utente a trovare il tempo per seguirli tutti? Non è inevitabile che comunque si torni a una scrematura, foriera di nuove concentrazioni?
"Attualmente su Sky ci sono 180 canali. Noi ne gestiamo solo 56 e sicuramente quelli più rappresentativi. L’eccessiva dispersione è negativa, quindi l’obiettivo di Sky Pubblicità, entità agente solo nell’ambito della comunicazione e non del retail, è di avere solo i canali più qualitativi e non una massa indifferenziata di comunicazione”.

Qual è la tua opinione sulla tv tradizionale.  E' finita la sua era in quanto modello o è finita l'era della sua 'assenza' di idee?
“E’ finita. Nel giro di cinque anni, per i ceti abbienti. Sopravvivente per i ceti meno abbienti e, comunque, finita entro 8 anni per tutti”.

Ma siamo poi sicuri che la pubblicità che funziona è quella tematicamente coerente al contesto e al target. Che dire dell'effetto sorpresa, così come della contaminazione di linguaggi, generi e modi, inaspettata e creativa?
“Si può essere estremamente creativi pur riferendosi a un target preciso ed essere contestualmente, quindi, inaspettati, geniali, intriganti, ma con un preciso riferimento al target interessato. Esattamente come stiamo facendo coi canali Fox e con l’area interattiva”. 

In diverse occasioni ti abbiamo sentito affermare che quello che per l'Italia è modernità, all'estero è preistoria. Qual è il paese che meglio sintetizza questo gap e perché?
“Uk: massima democrazia, perfetta diffusione di contenuti e di riallocazione delle vecchie frequenze digitali. Una tv generalista, la Bbc, che cresce nonostante l’innovazione tecnologica, proprio grazie alla massima diversificazione della triade contenuti, media, servizi. E’ questo il modello da seguire”. 

Stando a quanto riportato da alcuni organi di informazione lo scorso 18 ottobre, la Bbc ha annunciato il taglio netto di 1.800 dipendenti, l'8% del personale, nell'ambito di un piano di risparmi che arriverà fino al 2012. L'azienda venderà anche il grande centro televisivo di Shepherd's Bush. Il dg Thompson ha spiegato che le risorse si concentreranno sull'alta qualità. Ancora convinto della tua scelta?
"Onestamente non so come vada l’azienda in termini di revenues, ma in termini di share va bene. E’ quindi evidente che per tenersi i telespettatori spendono più di quel che guadagnano. Una cosa e’ certa, la tv in Uk è più libera della nostra, come in ogni altro paese del mondo, e in più il modello ha oggi 8 milioni di spettatori su parabola, 6 su cavo e 4 su digitale terrestre, che ha impennato negli ultimi due anni . Quindi, in termini di diffusione dei media, intesi proprio come veicolatori di segnale, non c'è dubbio sulla grande manifestazione di libertà. In termini di revenue, invece, non avendo spulciato i loro bilanci, non posso saperlo. Il fatto che Tomphson annunci di concentrarsi sull’alta qualità dice, comunque, che il nostro modello di business è sulla strada giusta".










 

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