Oggi l'editoriale lo scrivo io/ Stefano Del Frate - L’era delle marche fai da te
27/09/2010
Non riesco ad appassionarmi al dibattito sulla comunicazione integrata in una realtà dove le marche tendono ad auto posizionarsi. Esistono sempre più frequenti casi di marche che si posizionano al di fuori della comunicazione strettamente pubblicitaria.
'I mercati sono conversazioni'. Cosa mai vorrà dire? Che ci piaccia o no, là dentro (non solo nel web naturalmente, ma è lì che riusciamo a trovarne traccia) c’è gente che parla di noi e sempre più persone, prima di scegliere, vogliono sapere cosa pensa la gente di noi.
Incredibile: quasi mai parlano di pubblicità. Dicono se il prodotto funziona, se mantiene le promesse che fa sulla confezione. Ma dicono anche se l'azienda che lo produce è affidabile, se tratta bene i suoi impiegati o se testa i prodotti sugli animali. Se usa il lavoro minorile o se spreca risorse che sono un bene di tutti. Vi è venuto in mente qualche esempio? Quello che sta accadendo, è che non basta più fare campagne con testimonial stellari, se poi si fanno cucire i palloni ai bambini pagandoli due lire.
L’approccio alla comunicazione impone un’attitudine olistica, pena il fallimento della propria comunicazione. Aziende e agenzie tese a far percepire un’immagine, attraverso un (o più) messaggio, un’esperienza, un’attitudine. Un flusso comunicativo che prende sempre più la forma di dialogo, invece che di discorso. Basta che uno solo di questi elementi vada storto che scoppia la rivoluzione contro la marca.
Roba da far tremare i polsi e far apparire la comunicazione integrata una cosa da scolaretti. Siamo nell’epoca della comunicazione olistica. Quali e quanti modi ho di far percepire un’immagine positiva, sotto forma di esperienza? Sotto quante forme le mie idee possono influire sul percepito di marca e generare un ritorno misurabile?
Prima, quando trattavo solo i mezzi di massa, dovevo solo stare attento che il mio messaggio dicesse la stessa cosa anche se espressa su mezzi con caratteristiche diverse: audiovisivo, o solo audio, o solo visivo, ma da lontano. Oggi ho la responsabilità di riprodurre un’esperienza di marca che è molto più larga dell’uso del prodotto. Devo coinvolgere e invitare i miei utenti fare delle azioni che possono fargli percepire il grande discorso che la mia marca vuole fargli. Ho mille possibilità ed il mio ruolo di professionista è quello di scegliere le più adatte, quelle che possono far vedere un ritorno su quello che si investe.
Per fare questo ho a disposizione dei mezzi a pagamento, o posso tentare di coinvolgere i miei interlocutori in altri modi, viral o buzz. Sigle stranissime, ma sempre più sulla bocca di tutti. Una preoccupante ricchezza di possibilità espressive, ognuna delle quali sottostà a regole proprie. Che alla base di tutto ci siano le idee è certo. Grazie al cielo, chi avrà le idee migliori vincerà anche nel futuro. Solo siamo sicuri che queste idee assomigliano ancora alle idee di comunicazione integrata di cui si sta parlando? Chi sarà deputato ad avere quelle idee? Che forma avrà l’agenzia dove si cercheranno quelle idee? Dove sono i clienti in questo processo?
Stefano Del Frate, Draftfcb
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