Target, come comunicare a chi
15/10/2007
Bambini e anziani. Meglio, posh tweens e pleasure growers. Sarà questo il binomio vincente. L’ambo su cui definire il proprio linguaggio comunicativo, con le maggiori probabilità di avere successo. Ma attenzione, non si tratta più dei target cui eravamo abituati riferirci pensando a quelle età. Come il seminario Future Concept Lab ha chiarito, infatti, il mondo oggi è un’altra cosa.
Non è casuale se in apertura di questa incursione nelle vite dei target, la parola abbia preso il sopravvento. Il tono di voce, infatti, ha voluto caratterizzare il seminario ‘The real trends 2007’ dello scorso 11 ottobre, a firma Future Concept Lab. Perché la vera osservazione passa attraverso l’orecchio, come ha dichiarato la video testimonianza di Toni Brunetti, regista non vedente, sottolineando quanto della sua personale esperienza faccia comprendere l’importanza della voce, del suono, quali driver ‘riflessivi’ di comunicazione.
Perché “non vedere significa avere sensazioni ritardate”, dunque maggiormente valutate, interiorizzate, approfondite. Il tutto in sintonia con la parola d’ordine contemporanea: ascolto, di sè e degli altri. Aprendo il tema al vero problema delle aziende: l’incapacità di riuscire a farlo, nei confronti di tutti: dipendenti, clienti, consumatori, fornitori, pubblico, mercato.
I posh tweens (8-12 anni)
Sono loro gli unici restati fedeli ai dettami della moda, alle regole delle griffe. I preadolescenti tra gli 8 e i 12 anni, nonostante differenze legate all’appartenenza al primo o secondo biennio del periodo, in comune hanno tutti una cosa: è facile conquistarli con la comunicazione. Puntando in primo luogo sulla complicità con il mondo delle mamme, che vedono nell’opportunità di creare tandem estetici la via di connessione tra famiglia e mondo. Se i più piccoli vivono una fase di grande aspettativa nei confronti della tecnologia, aspettando cellulare e pc, la seconda fascia ne è gia ‘consumatrice’, subendo il piacere dell’esibizione.
In Usa, ben il 70% di loro dà contributi effettivi alla rete, come dimostra il successo di ‘gaia on line’, o la partecipazione all’advergame ‘get the glass’ . L’importante è incuriosire, far partecipare, rendere protagonisti, ma soprattutto veicolare un’unica idea forte, in modo esplicito e immediatamente percepibile. Anche perché parliamo di una generazione più ‘disincantata’ di quelle che l’avevano preceduta. Oggi il cartone animato ha lasciato posto alla serie tv. ‘The Sleepover Club’, ‘Hanna Montana’, ‘The High School Musical’. Esempi di come l’eccezionalità, il talento, siano indispensabili, assieme all’auto identificazione con stereotipi chiari. Dalla figura di testimonial alla creazione di piccole celebrità, dunque, da far vivere in un contesto reale e quotidiano.
Ben rappresenta una chiave d’accesso comunicativo con questo target lo spot Dove 'Onslaught', puntando sulla relazione tra madri e figlie. Non a caso, ‘Dove’ incarna una delle operazioni di comunicazione più interessanti e avanzate degli ultimi tempi. Soprattutto intergenerazionale, come dimostra nelle sue diverse espressioni, tra cui la campagna ‘Pro Age’ dedicata alle ‘over sixty’.
Expo teens (13-19 anni)
I nuovi adolescenti, sempre più emancipati per gusto e capacità d’acquisto. Autonomi nelle scelte, grazie al proliferare dell’offerta low cost e alla capacità di sfruttare appieno le potenzialità conoscitive della rete, sono sia ‘espositivi’ che ‘esposti’, in relazione all’attività e alla passività del loro interfacciarsi con informazione e comunicazione. In primo piano la definizione di piazze virtuali o reali in cui costruire la propria identità di singolo e di gruppo, con precise regole, rituali, linguaggi, indipendentemente dal puro atto d’acquisto. Fondamentale è il ritmo, la velocità, mutuata alla musica. I flussi informativi diventano vecchi nel momento in cui vengono scambiati, sinergiche le strategie virali che non si sa da dove arrivano ma che ‘vanno’ perché irresistibili.
Nonostante l’esistenza di mille possibili palcoscenici in cui esibirsi (rete, mobile, foto, testi, video, ecc.) il bisogno di un collegamento con il reale resta fortissimo. Diversi gli esempi di campagne che puntano sull’integrazione tra i due mondi. Ad esempio lo spot ‘Habbo cars’, dove www.habbo.com è una comunità virtuale che gira intorno a storie all’interno di un hotel. Con l’avvertenza che il virale non ha ‘paracaduti’, il ‘falso’ viene fiutato e respinto. Occorre saper ‘ascoltare’, fare scouting, delegare, lasciare a questi teens la parola, il poter di far partire ‘l’epidemia’.
Linker boys (20-25 anni)
Mondo reale e virtuale si fondono. La competenza permette a questi ragazzi un uso più selettivo e ragionato delle tecnologie, dei media, degli spazi. Per la comunicazione rappresentano la fascia più difficile da raggiungere, ma che se ‘colpita’, finisce per diventare il miglior partner. Il loro obiettivo è trovare il prodotto più cool al minor prezzo e la loro ricerca può impattare sulle stesse logiche di mercato.
Così come in Italia è avvenuto in merito all’abolizione dei costi di ricarica delle prepagate dei cellulari. Odiano le ‘costruzioni’, le manipolazioni, la menzogna. Amano poter influire. Tanto che luoghi fisici e virtuali devono essere flessibili, così da venire all’occorrenza trasformati, in nome dei pop up, della sorpresa. Ne è esempio il successo di Kubik, il locale mobile berlinese, creato con cubi, di cui l’unica cosa fissa è il sito http://www.kubikberlin.de/. O lo spot Pepsi San Francisco, che mostra il modo in cui un linker boy vive la città.
Sense girl (25-35 anni)
Il loro è un approccio alla vita, non solo al consumo. Tutto viene filtrato attraverso la componente emotiva-emozionale. Socio-culturalmente evolute, narcisiste, di successo, madri o single, sono caratterizzate da una spiccata raffinatezza sensoriale. L’intuizione è fondamentale. L’elemento moda si fonde con il bisogno di personalizzazione, allontanandosi dal concetto di ‘total look’. Benessere fisico e mentale, rigenerazione, valore della relazione basata sull’intesa, sulla complicità, anche quando il legame è con un prodotto o servizio, con un marca.
Su queste donne ha presa la riproduzione di scenari che le aiutino a percorrere una geografia del lusso selezionata e sorprendente. Ne è esempio la nuova birra Heineken a loro dedicata: Charli. Per ora testata solo in Olanda, agli aromi fruttati, con una bottiglia che molto ricorda quelle dei migliori profumi, verrà lanciata internazionalmente nell’estate del 2008. O il sito della stilista brasiliana Adriana Barra. O lo spot Lux 'Neon Girl'.
Mind builders (35-45)
Con loro si passa dall’altra parte della barricata tra tecnologia, innovazione e classicità. E’ un target di nicchia, laureatosi senza Google, molto avanzato sotto il profilo intellettuale con scelte spinte dal bisogno di conoscenza. Un modo di pensare e di vivere alternativo, sicuramente vicino al mondo del giornalismo, degli artisti, dei grafici, dei creativi pubblicitari, degli scienziati. Interessato a fenomeni di impollinazione culturale, di cui le metropoli sono stimolatrici, ma anche appassionato ai ‘link’. A differenza dei linker boys, però, qui a contare non è la connessione, quanto i contenuti.
Vincente è l’utilizzo dell’ironia legata alla profondità. Un mix ben interpretato dalle borse della stilista inglese Anya Hindmarch (nel 2001 lanciava ‘Be a Bag’, nel 2007 ‘I’m Not a Plastic Bag’) progetti capaci di creare alleanza tra valore estetico avanzato e low cost (con un prezzo pari a 5 sterline). Per i mind builders, infatti, un prodotto è sempre un processo, con una storia che merita di essere raccontata.
Normal breakers (40-50 anni)
Forte la voglia di rompere gli schemi, ma a differenza del fenomeno rilevato negli anni ’60, oggi questa nicchia ricerca anche una sorta di nomalizzazione. In loro etica ed estetica si incontrano grazie alla tecnologia che, rendendo possibile la condivisione, funge da amplificatore. Forte la componente individuale, che spesso porta questi individui a essere leader nel loro gruppo di riferimento. Si avvicinano a prodotti di cui vedono il progetto di fondo.
La marca, dunque, deve saper parlare chiaro, senza tranelli sull’etica. Per questo le aziende dovrebbero imparar a sfruttarne il talento critico e costruttivo per raccogliere spunti sulla realizzazione di nuovi prodotti, sevizi o campagne di comunicazione.
De luxe guys (45-60 anni)
Entriamo in un mondo apparentemente legato alla tradizione. Un paradiso dei consumi, propenso all’utopia, molto vicino al concetto di nuovi ricchi di paesi emergenti, dalla Russia alla Cina. Quasi una sfida all’occidente, visto che qui è l’oriente a far rimbalzare un nuovo valore del lusso. Total style e total living a simboleggiare i nuovi rapporti con le marche, con l’ambizione di segnare il territorio con visioni originali del futuro.
Non tanto attraverso prodotti, quanto a servizi personalizzati che rispecchiano le singole individualità, affermando un’esclusività per molti, ma non per tutti. Importante è riuscire a far emergere il destinatario del messaggio come portavoce di una marca storica, associata a un lusso anche spiazzante. La comunicazione dovrebbe essere diretta e provocatoria, con punti di vista originali e distintivi. In un certo senso, passaggio dal minimalismo occidentale al massimalismo dei nuovi imperi dell’est.
Pleasure growers (60+)
Sarà perché le dimensioni di questo target sembrano crescere a dismisura, sarà perché non si tratta più degli anziani di ‘una volta’, fatto sta che le aziende europee dovranno presto imparare a coinvolgerli. Quelle americane già lo fanno. Perché si tratta di una fase di vita molto stimolante, in cui ci si sente bene e si hanno anche disponibilità di denaro e tempo, con molta voglia di rifarsi di quanto gli anni della ‘corsa’ avevano obbligato a tralasciare.
Forte il bisogno di autenticità, trasferito nella predilezione di prodotti capaci di unire memoria personale e spirito contemporaneo. Il ‘godersi la vita’ si estende a tutte le esperienze, anche a quelle di rito quotidiano. Il rapporto con la tecnologia è delicato. Da un lato rappresenta un modo per relazionarsi al presente, dall’altro si sente il peso della difficoltà d’utilizzo. Viene, invece, riscoperta la relazione con il proprio corpo, ricercando un benessere che investa armonia interiore e benessere fisico.
Insomma, se gli anziani per lungo tempo hanno rappresentato l’ombra nera del marketing, è venuto il moment di voltar pagina. Sono gli unici, infatti, con cui potersi confrontare con progetti di ‘seconda’ vita, l’acquisto di una nuova macchina, di una casa al mare, l’organizzazione di un viaggio, di un percorso di studio, di un trattamento di benessere. Inoltre, mentre con i giovani è sempre più difficile comunicare perché sanno creare creatività con la tecnologia, in questo caso, la comunicazione si trova a fare i conti con un target fortemente ego riferito, ma ‘assetato’ di progetti che sappiano mostrare un substrato valoriale. Di qui l’opportunità di costruire un mondo di ‘celebrity seniors’ come punto di riferimento anche visionario e utopico, sostenedo l’idea che i pleasure growers sapranno cambiare il mondo.
Dunque strategie di comunicazione in cui questi anziani possano dimostrare la loro competenza, diventando maestri per le altre generazioni. Interessante, inoltre, è l’alleanza che si viene a creare tra nonni e nipoti. Una complicità basata sulla possibilità di vivere esperienze assieme, grazie alla disponibilità di tempo e alla comune voglia di sperimentare.
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