Romani, switch off entro il 2011, ed è favorito al posto di Scajola. Sky fuori dal dtt
05/05/2010
Insomma, dopo le dimissioni del ministro allo Sviluppo Economico, il nome di Paolo Romani, attuale vice, sembra essere il più accreditato tra i possibili successori (tra essi anche Fabrizio Cicchitto). Il che non fa che rafforzare la portata della linea dallo stesso presentata ieri, nel suo discorso (ascoltane le parti più salienti) durante la Quinta Conferenza Nazionale sulla tv digitale terrestre. Tanto da anticipare la data di completamento dello switch off al 2011 (il governo sta negoziando con Umbria, Toscana, Sicilia e Calabria, ultime regioni in lista) ma mettendo in guardia su modalità di assegnazione delle frequenze (si auspica che ogni operatore porti sul digitale le frequenze possedute in analogico), sul loro utilizzo (il ministro Brunetta sogna la realizzazione di canali della Pa e presenta il suo progetto di convergenza - guarda il video - condannando per il 2012 a morte carta e faldoni). Così come spiegando il perché del no a Sky.
Il nodo della questione, infatti, sta molto lì. Con l’Agcom ad approntare un piano che non convince. Perché, secondo l’opinione degli operatori e dello stesso Romani, incapace di rappresentare la realtà, avvallando sistemi ingegneristici che allontano da quelli che sono sino ad oggi stati gli usi televisivi degli italiani. Così come aperta resta la questione dell’ordinamento automatico dei canali e, soprattutto dei contenuti, volendo agire perché non vi siano frequenze sprecate (ascolta le argomentazioni di Romani).
Senza dimenticare la questione Sky. Tra i protagonisti del mercato italiano, infatti, nessuno sente di difendere la posizione del monopolista satellitare. E non per paura della concorrenza, quanto per credo nella possibilità per tutti di giocare in un sistema di regole chiare, comuni e condivise. Così, pretestuosa appare la pretesa di Sky di inserirsi nella gara delle frequenze digitali non avendo in esse investito a suo tempo nulla e, comunque, difendendo a spada tratta il monopolio nel satellitare.
E se nei confronti del ‘cielo’ è chiusura assoluta, non altrettanto sembra succedere nei rapporti Rai-Mediaset. Un compiaciuto Paolo Galimberti, presidente Rai (ascoltalo nell’intervista rilasciata a youmark) lancia a Mediaset la proposta di aiutare la sua azienda nella comunicazione dell’obbligatorietà del canone (è una tassa sul possesso della tv, si tiene a precisare) promettendo in cambio l’apertura di un canale tutto dedicato alla musica (Fedele Confalonieri, appassionato, è costretto a sintonizzarsi su Sky). In quanto all’annuncio di una Rai pay, invece, Galimberti conferma, ma Confalonieri frena chiedendo “e il canone cos’è?”.
Il tutto nella cornice del plauso di Tarak Ben Ammar, presidente Dfree, che loda l’Italia per apertura del sistema televisivo (fu proprio lui a favorire l’entrata di Sky con il presidio di Mediaset) ma mette in guardia contro una tv incapace di fare cultura globale. Perché i programmi non devono aizzare l’odio razziale, ma favorire l’integrazione. Non a caso citando la sua Nessma TV (partecipata Mediaset al 25%, break even previsto a tre anni), unico tentativo esistente di televisione nord africana privata, commerciale, che si rivolge a tutti i magrebini, insieme. In quanto alla sua passione, il cinema, poi, Ben Ammar ha parlato dell’intenzione di lanciare un nuovo canale ad esso dedicato.
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