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Iab Seminar 2010, where is the beef, insomma, ne vale la pena?

09/04/2010

Riferendosi l’interrogativo non certo all’interesse che il seminario annuale Iab è riuscito a sollevare (sala super gremita, con molte persone in piedi), ma alle possibili risposte alla domanda titolo dello stesso incontro 'Social Media ed Editoria Online: relazione virtuosa o pericolosa?' E sulla bilancia pesa l’inevitabilità del predominio della rete, la crisi della carta stampata, l’assenza di un modello, o meglio, di volumi di business, capaci di regalare all’editoria lo stesso vigore di un tempo, schiacciata dalla scarsità di risorse. E si sa, la qualità si paga. Tanto che la rete più che all’autorevolezza della testata ha imparato a guardare all’autorevolezza delle singole firme, che spesso proprio dai loro blog fanno la differenza, con la notizia a trasformarsi via via in commodity e il commento, l’opinione, in plus. Ma non solo. Perché su tutto aleggia la voglia spasmodica di partecipare. Il bisogno collettivo di incidere sui contenuti, di scrivere, dire la propria, filmare, taggare, intervenire. E in molti sostengono non si sia che all’inizio. 

Un fenomeno, quello dei social media, che sembra dunque promettersi lunga e prosperosa vita. Almeno sul fronte dei numeri. In Italia vi si sono iscritti 19,2 milioni di utenti, sui 22,9 che navigano in rete (+13% rispetto all’anno scorso), con 14 milioni che consultano news online (il 92% degli internauti dice di farlo con regolarità almeno una volta alla settimana). Il tempo medio speso sui social media è aumentato del 52%, così come del 25% è aumentata la percentuale degli italiani che si informa in rete, oltre che la connessione, l’interdipendenza tra media, con internet a farsi strumento di commento, anche su programmi e trasmissioni tv. 

Ma se sulla carta questi dati esaltano, non altrettanto fanno sul fronte degli utili. Tanto che il nuovo meccanismo appare ancora incapace di generare quelle risorse necessarie a farsi sostitutivo di quanto sta nel tradizionale lasciando sul campo. Con il risultato di una frammentazione che certo non aiuta, penalizzando talenti in erba, ma anche grandi colossi alla ricerca di nuove vie per il proprio attualizzato successo. Lasciando al contempo presagire una società dell’omologazione, in cui l’esibizione di connessioni, post e ‘amici’ finisce per contare sopra tutto. Non tanto informazione, dunque, ma comunicazione. A ogni costo e livello. 

E fanno riflettere le testimonianze degli intervenuti alla tavola rotonda conclusiva 'Editori Online e Social Network: partner o competitor?', di cui youmark vi propone alcune pillole, mostrandovi, in ordine di apparizione, Daniele Bellasio, responsabile redazione online de il Sole 24 Ore; Diego Antonelli, direttore Gazzetta.it; Lorenzo Montagna, ad e direttore commerciale Yahoo! Italia; Andrea Santagata, head of media Banzai; Francesco Barbarani, head of .Fox network Italy; Piero Gaffuri, ad Rainet; Massimo Melica, managing partner dello studio legale Melica Scandelin & Partners; Christian Hernandez, head of business development international Facebook.

Con Gazzetta.it ad ammettere di aver sofferto 10 anni prima di auto sostenersi, tanto che il break even è stato raggiunto appena 2 anni fa. Liquida a riportare l’attenzione ai costi di realizzazione, comprendendo come per i brand sia più semplice l’investimento nel tradizionale, piuttosto che propendere per la parcellizzazione dell’online. Ancora, MySpace Italia, che è dovuto ricorrere a casa .Fox  per la raccolta pubblicitaria, ragionandosi ex novo. E pure lo stesso Facebook, che dichiara di coprire i costi da quest’anno, ma nella ‘riservatezza’ che la sua non quotazione ancora consente. Infine, il Gruppo Sole 24 Ore, i cui risultati 2009  non fanno certo sorridere e la stessa Rai, che per utenti nel .it cresce del 60% al mese, ma che certo guarderà con rammarico a quel -16% segnato nel 2009 dalla sua Sipra, non ancora rimpiazzato.

 

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