Tv, un media tutt’altro che scontato
03/10/2007
In Italia il digitale terrestre è allo 'sbando'. Peccato, perché doveva essere il futuro del piccolo schermo. Come d'altronde è in molti paesi d'Europa, dove i contenuti, così come gli investimenti, si sono velocemente adeguati alle nuove opportunità. E poi ci sono le 'promesse' della rete. Sicuramente allettanti, pur con le cautele del caso. In quanto a mobile tv, invece, la strada da fare è ancora tanta.
Youmark ne parla con Emilio Pucci, fondatore e direttore di e-Media Institute, nonchè ricercatore e consulente nel campo dell’economia della comunicazione, oltre che docente Iulm di strategie delle imprese editoriali.
A proposito di Tv. Recente la pubblicazione da parte di e-Media Institute delle nuove mappe sullo sviluppo della televisione digitale e della Pay Tv in Europa Occidentale. Buone le notizie considerando che, a fine giugno 2007, il 48% delle famiglie era in grado di ricevere servizi televisivi in tecnica digitale. Meno buone, invece, sul fronte della loro distribuzione, che fa emergere uno sviluppo a diverse velocità. Se Olanda, Lussemburgo e Finlandia hanno già spento il segnale analogico hertziano (switch-off) e altri corrono, più o meno rapidamente, verso la digitalizzazione, l’Italia è l’unica in contro tendenza, mostrando una netta frenata. Ormai dietro a Francia e Spagna, con un modesto 5,2% il nostro Paese nel primo semestre 2007 è piombato al penultimo posto in classifica per tasso di crescita delle abitazioni digitali.
Come dimostrato dalla vostra mappa, l’Italia sembra aver perso un treno. Almeno per ora, o irrimediabilmente?
“La nostra piattaforma digitale terrestre, lanciata nel 2005, non ha avuto lo sviluppo auspicato per una serie di vicissitudini avverse, non ultime quelle di natura politica. Il punto è riuscire a recuperare il tempo perduto. In Inghilterra, ad esempio, con un decoder dal costo irrisorio si possono vedere gratuitamente 30 canali. Il che significa diffusione, significa garanzia d’audience per canale, attrazione degli investimenti pubblicitari. Dunque redditività, qualità, sviluppo del sistema. Ma in Italia, questo circolo, anziché virtuoso, è vizioso. Perché la situazione cambi occorrono iniziative forti. In primo luogo un serrato piano tecnico di migrazione. Oltre all’impegno degli editori, anche sul fronte dei contenuti, garanzie di copertura, ottimizzazione del segnale”.
Digitale terrestre e satellitare non rischiano di farsi concorrenza, alla luce della crescente diminuzione del tempo che le persone riescono a dedicare a ciascun media?
“L’esperienza dei Paesi più evoluti dimostra la complementarietà delle due offerte. Ad esempio, negli Uk, nonostante il digitale terrestre sia realtà diffusa, Sky non perde terreno”.
Ci aiuta a capire dove va il mercato televisivo, quali sono le trasformazioni che ne segnano l’evoluzione?
“I primi anni ’90 hanno visto l’avvento della tv digitale. Una piattaforma multicanale, che dal satellitare al digitale terrestre, all’Iptv, ha realizzato la moltiplicazione di canali e reti distributive, allargando a nuove prestazioni tv, di cui molte a doppia via. Nascono le così dette ‘offerte non lineari’, personal video recorder e tv on demand, ma pur sempre da tv a tv. Da due anni a questa parte, di contro, anche internet si è appropriato di questo terreno competitivo. Complice la banda larga, l’audiovisivo è divenuto disponibile anche in rete, aprendo a opportunità prima impensate. Anche perché qui c’è la possibilità non solo di download, ma anche di upload, con conseguente ampliamento delle possibilità interattive. Crescendo domanda o offerta di contenuti video via web, anche tutti i grandi broadcaster si sono impegnati a sperimentare questo nuovo business. Un fenomeno in divenire, che progressivamente mostra nell’integrazione dei due mondi i suoi più auspicabili risvolti”.
Il problema che si pone è quello del modello di business. Cosa pensa al riguardo?
“Credo che l’advertising giocherà un ruolo sempre più importante. Solo i ‘grandi’ contenuti, infatti, potranno permettersi di essere a pagamento” .
Quali sono i vostri consigli al mercato italiano?
“Sicuramente di tenere d’occhio l’audiovisivo nel web. Ma con cautela, controllando gli investimenti, senza farsi prendere eccessivamente la mano, così da non rischiare di replicare lo ‘sboom’ degli anni ’90. Insomma, bando ai facili entusiasmi, in nome di una consapevole concretezza”.
Non abbiamo ancora parlato di mobile, qual è la vostra opinione?
“Rispetto al web, siamo più cauti. A oggi l’offerta tv sul cellulare non è così evoluta. Ci sarà da lavorare, soprattutto in logica ‘always on’”.
guarda tutte le notizie Media