Dopo 6 anni torna la classifica AssoComunicazione. E le polemiche
08/10/2009
Che se nel passato hanno riguardato dubbi sulla possibilità di dati presupposti ‘gonfiati’ per convincere i clienti, quest’anno hanno toccato aspetti che allargano a un ragionamento più ampio sul mercato. In primo luogo perché all’appello mancava il 30% delle associate (lo conferma anche Diego Masi, presidente AssoComunicazione, al microfono di youmark) e, come vedrete dai documenti ufficiali che alleghiamo, non si tratta di nomi da poco, basti pensare che valgono il 50% del totale del business (tra l’altro youmark li ha interpellati, così da poter pubblicare i ‘perché' di chi siamo riusciti tempestivamente a raggiungere). E dove la ragione non sia supportata da divieti ufficialmente dichiarati (sappiamo, ad esempio, che il Gruppo Wpp autorizzava), viene da chiedersi se la cosa non abbia logiche più strategiche. Altra questione, le categorie. Perché la classifica segue la legge statutaria, dunque l’originale necessità di rispecchiare l’essenza di quanto furono le agenzie full service, ma probabilmente oggi la medesima non riesce più a spiegare in toto le dinamiche di mercato e business. Insomma, e citiamo il commento fornitoci da Aldo Biasi, se anche il Festival di Cannes premia l’integrato, ma anche il film, il web, le rp, perché qui si fanno solo le classifiche per ‘pubblicità e comunicazione globale’? Tra l’altro dando poi i numeri dei diversi comparti, adv esclusa. Tanto che quella che fu la più ricca della torta appare quasi penalizzata dal quadro, dovendo soccombere nel marasma del ‘globale’ e non mettendosi in chiara evidenza rispetto al resto, o rispetto alla situazione di chi fa di lei il proprio core. E la colpa non è di AssoComunicazione. Poiché trattandosi di statuto, è solo la volontà delle associate a poterlo modificare. Il suggerimento dunque è ‘più che diritto di critica, onere di proposta’.
Il commento di alcuni rappresentanti delle agenzie che hanno inviato i dati:
Marco Testa, presidente e ad Gruppo Armando Testa, prima agenzia sul mercato italiano e prima a capitale interamente italiano: “In un momento economico così difficile, è una grande soddisfazione tornare primi in classifica. Spiace che alcune multinazionali non abbiano voluto dichiarare ufficialmente i loro dati”.
Stefano del Frate, managing director e ceo Draftfcb: ”Sarei stato contento di vedere uno spaccato del nostro mercato oggi. In tal modo eravamo rimasti d'accordo in AssoComunicazione. La classifica è solo un dato dimensionale, francamente di difficile interpretazione, quando confronta singole agenzie con gruppi di comunicazione. Però consente anno dopo anno di seguire gli andamenti del mercato e delle singole agenzie. Peccato che i gruppi internazionali abbiano deciso in ultimo di non pubblicare i dati. Anche io faccio parte di un gruppo internazionale, ma avevo concordato con gli altri miei colleghi che, visto il periodo dell'anno in cui i bilanci sono diventati pubblici, non ci fossero ripercussioni internazionali a pubblicare gli stessi dati. Non posso certo vantarmi quindi di essere la terza agenzia del mercato. Però posso vantarmi della mia trasparenza, lusso che il nostro andamento positivo ci concede”.
Paolo Torchetti, presidente Flumen, nonché presidente AssAp Servizi: ”La categoria pubblicità/comunicazione globale non è nuova, esiste da tanti anni. Tra l’altro non so quante sigle che dicono di occuparsi ‘solo’ di pubblicità non facciano in realtà anche altro, dal below al web. Quindi non mi sembra che ci sia una penalizzazione in tale senso. Credo invece che un’associazione debba incrementare e sottolineare l’eccellenza professionale e le specificità. Da qui trovo giustificata l’esistenza di altre categorie come il web, il dm o le pr. Perché il grande rischio è la generalizzazione, mentre invece ciò che conta è la multi specializzazione. A difesa di un know how e delle professionalità. In ogni caso, non sta a me dire se le classifiche servano o non servano. Però spesso capita che in caso di assegnazioni/gare di un certo peso e spessore vengano richiesti anche i dati strutturali. Il perché i clienti li vogliono andrebbe chiesto a loro. Probabilmente, in alcune scelte e decisioni, e al di là del fatto che sia giusto o sbagliato, oltre ai fattori qualitativi contano anche quelli quantitativi”.
Aldo Biasi, amministratore unico e direttore creativo esecutivo Aldo Biasi Comunicazione: ”Le classifiche sono sempre state una sofferenza. In passato si cercava anche di taroccare i dati per un più positivo risvolto sui clienti. Oggi è diverso. Non sono più le dimensioni dell’agenzia a fare la differenza. E spesso le grandi non possono mostrare numeri entusiasmanti, quando magari è al loro interno in corso un’operazione di riduzione del personale, che incolla gli occhi del sindacato addosso. In ogni caso, seppur una classifica per settori di attività sarebbe più giusta (lo fa lo stesso Festival di Cannes, ti propone l’integrated, ma anche il leone al web, al film, alle rp), è buon segno che i dati si pubblicizzino. Perché le classifiche danno il polso della situazione, forniscono in ogni caso un servizio al cliente, che può indagare quei numeri sotto diversi profili”.
Lorenzo Cascino, amministratore unico Unbranded: ”Penso che i dati debbano essere dichiarati e che le classifiche facciano bene al mercato. Anche perché il cliente sa già come muoversi e dunque sa capire cosa si nasconde dietro quei numeri. In ogni caso, potendo, opterei per classifiche suddivise per settori. In quella attuale, infatti, finisce per essere penalizzato chi, come noi, fa advertising e brand identity”.
Alessandro Scarinci, ceo Leagas Delaney Italia: Premesso che il dato emerso dalla classifica non ha un reale valore in termini di confronto, credo si tratti comunque di un importante momento di stimolo su temi fondamentali per il futuro del settore. Innanzitutto salta all'occhio il calo significativo dei ricavi complessivi del nostro comparto, un dato di certo non sorprendente ma che deve sensibilizzare una volta di
più agenzie e clienti a una maggior responsabilità in fatto di remunerazione. Da questo nasce una seconda considerazione, ovvero la necessità di ricercare un nuovo modello di agenzia, più sostenibile perché più in linea con una domanda che cambia. Le associate oggi hanno svelato o meno la loro dimensione, ma la vera domanda è come sapranno in futuro sostenerla, adeguando la loro offerta alle nuove esigenze degli utenti e preservando quindi il valore del nostro mercato".
Il perché di chi non ha voluto dichiarare i suoi dati
Massimo Costa, chairman & ceo Emea, nonché presidente e ad Young & Rubicam Brands Italia: ”No comment. Tanto il cliente non sceglie in base alle classifiche. Non a caso all’estero ci sono consulenti ad hoc, che fanno il lavoro di screening”.
Willi Proto, coo McCann Worldgroup: ”La nostra mancata adesione alla classifica di AssoComunicazione è dovuta al fatto che i dati rilasciati sarebbero stati relativi soltanto a McCann Erickson, la società iscritta all’Associazione, mentre il dato che abbiamo comunicato è relativo a McCann Worldgroup”.
Fabrizio Caprara, amministratore delegato Saatchi & Saatchi Italia: “Non abbiamo autorizzato la pubblicazione dei nostri dati per policy internazionale del gruppo”.
Mentre a caldo, al microfono di youmark, Mario Martinelli, Nadler Larimer & Martinelli, Alberto De Martini, ad Red Cell, e Gianluca Pastore, ad Brand Portal, spiegavano il loro pensiero.
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