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Nuovi palinsesti per Sitcom, che sta sempre con Sky

10/09/2009

Katia Ricciarelli su Alice, Alessia Mancini su Leonardo, Alessandro Cecchi Paone su Marcopolo. Ma non solo, perché i nuovi palinsesti Sitcom, presentati ieri sera a Milano, parlano anche di nuovi format, tra cui Grip, Magazine e Next, dedicati al prodotto e all’agonismo moto-auto. Obiettivo, allargare approfondendo l’offerta, soddisfacendo gli interessi di ognuno. Perché per Valter La Tona, presidente e ad Sitcom, la tematizzazione è l'unica via di crescita, avendo sempre e ancora Sky come partner. Lo racconta in questa intervista a youmark. Confermando il suo no all’Auditel, incapace di rappresentare il cambiamento in atto.

Partiamo dalle novità, cosa ci riserva la nuova stagione televisiva sitcom?
“Come si usa è una stagione all’insegna di tante conferme e altrettante novità. Conferme nei format e nei volti che il nostro pubblico ha dimostrato di preferire e conferme in una linea editoriale che privilegia produzioni di approfondimento legate ai nostri segmenti tematici. Novità rappresentate da tanti volti nuovi per i nostri canali e da alcuni nuovi programmi di approfondimento per dare sempre maggiore carattere di servizio, oltre che di intrattenimento, alle nostre televisioni e non solo”.

Il vostro gruppo, partendo dalla tv, ha successivamente diversificato declinando su carta - i mensili ‘Alice Cucina’ e ‘Case&Stili'  - e web i canali. L’integrazione raggiunta vi soddisfa?
“Molto. Alice Cucina non ha nemmeno un anno di vita ed è già una testata leader di segmento. In continua crescita. Case & Stili si difende in un segmento difficile e affollatissimo e continua a guadagnare mese dopo mese posizioni. Alla televisione e ai periodici, da poche settimane, si sono affiancati i nuovi siti che hanno completato il nostro 'sistema’ con risultati molto interessanti anche in un contesto di mercato difficilissimo come l’attuale”.

Raccontateci questo 2009 in business, come sta andando la raccolta pubblicitaria e i ricavi da contenuti , insomma, come si caratterizza oggi la torta del vostro fatturato?
“Come tutti sanno noi siamo un piccolo gruppo editoriale che dipende da un ‘grande cliente’. Viste le politiche di mercato, di necessità virtù, abbiamo dovuto tentare tutte le possibili strade di diversificazione, anche per dare continuità di lavoro ai nostri quasi 200 dipendenti. E non è una piccola responsabilità soprattutto di questi tempi. In particolare lo scorso anno, quando non fu scontato il rinnovo dei contratti di distribuzione. Come in genere accade, alcune scelte sono risultate azzeccate altre no. Il bilancio finale è comunque positivo. Abbiamo avviato la diversificazione e l’integrazione tra mezzi diversi e quest’anno i ricavi da distribuzione televisiva molto probabilmente scenderanno sotto il 50% dei nostri ricavi complessivi”.

Le rilevazioni Starcom di fine luglio vi imputavano lo 0,2% di ascolti delle tv satellitari. Un dato di questo tipo vi permette di affermare ‘obiettivo raggiunto’?
“Credo sia noto quello che pensiamo sui rilevamenti degli ascolti. I nostri obiettivi, per pudore e per decenza, non li misuriamo con i meter dell’Auditel. Se oggi siamo rilevati è solo perché si tratta di una convenzione imposta al mercato pubblicitario a cui si aggiunge una precisa e curiosa imposizione di Sky. Curiosa in quanto Sky è critica nei confronti di Auditel ma è pronta a misurare e remunerare i suoi ‘fornitori’ utilizzando quei dati/parametri. Il che è sufficientemente significativo del fatto che quei dati non giocano certo a nostro favore. Quindi non ne siamo affatto soddisfatti, nè tantomeno appagati”.

Come sono oggi i vostri rapporti con Auditel?
“Quali rapporti?”

Felici della svolta del digitale terrestre?
“Non vedo come una conversione tecnologica ci possa rendere felici. Ma forse la domanda sottintesa era: il cambiamento tecnologico corrisponde a un’apertura di mercato quindi a più concorrenza e a maggiori opportunità di impresa per ‘vecchi’ e ‘nuovi’ soggetti? In questo caso rispondono i fatti. Dove sono i nuovi soggetti e dov’è la nuova offerta ? Saremo miopi ma non la vediamo. Quello che si vede è solo un’espansione, un’estensione delle aree coperte dai soliti soggetti. Al momento nulla di nuovo. Oggi, dunque, non siamo più felici di ieri, anzi. Siamo più preoccupati. I grandi puntano a occupare, per fare cassa pure con gli spiccioli, anche i micro segmenti. Il paradosso è che quindi il mercato e la concorrenza sono sempre più aggressivi e duri anche in contesti non premium come i nostri. Non esistono le isole felici”.

Ci racconta qualche cosa di più della vostra campagna pubblicitaria, home made?
“Oggi, più di sempre, rappresentiamo l’anima italiana dell’offerta Sky. Non solo perché siamo l’unica azienda editoriale italiana indipendente, ma anche e soprattutto perché siamo gli unici che producono oltre il 90 % del proprio palinsesto utilizzando quindi idee, creatività, professionalità oltre che prodotti e contenuti esclusivamente italiani. Questa è la nostra anima e la nostra vocazione. E questo valore cerchiamo di raccontare anche nella nostra comunicazione”.

Dove va la tv oggi, verso la qualità o verso il business. Si tratta di dicotomia o sinergia?
“Non credo che possa esistere una qualità indipendente dal business e viceversa. E non credo che qualità sia sinonimo di digitale o di qualcosa che si identifica automaticamente con un fatto tecnologico. La qualità sta, forse, nella varietà e ricchezza dell’offerta. Nella capacità di proporre al pubblico contenuti segmentati, permettendo a chiunque di scegliere cosa vedere e di appagare i propri gusti e interessi. Siamo solo all’inizio di un percorso molto complesso. E l’esito non è poi così scontato. Basta guardare a quanto viene proposto come novità della stagione”.

 

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