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Come si comunica il territorio, intervista a Luciano De Simone


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Comunicare il ‘brand’ Italia

07/09/2007

Ideatore, assieme a Carlo Massarini, del progetto ‘Grand tour, un anno di viaggi in Italia’, presentato in demo all’ultima Bit, in occasione del lancio del tanto atteso quanto criticato www.italia.it , Luciano De Simone, regista, nonché socio di Grm Comunicare la città e il territorio, racconta a youmark perché il ‘brand’ Italia non è ancora valorizzato come dovrebbe, tirando le orecchie anche a Milano, per troppo tempo seduta su allori che rischiano di essere dalla proattività di altri superati.

Da un lato la voglia di riaffermare una serie di peculiarità ed eccellenze italiane, dall’altro la difficoltà di concretizzare l’intento in fatti. Così De Simone sintetizza la dicotomia che non permette al nostro Paese di esprimere al massimo la propria identità. “In tal senso, non abbiamo mai sviluppato una cultura consona, viziati dalla presenza di ben ¾ del patrimonio artistico internazionale, rilassati sulle eccellenze creative che ci hanno da sempre contraddistinto. Manca una visione omogenea capace di rispettare e trasmettere il territorio. Occorre che a medesime domande corrispondano medesime risposte, abbandonando la casualità di percorsi in cui ognuno agisce per conto suo, senza regia né orchestrazione”. 

Cosa significa comunicare il territorio?
“Significa restituire contenuti complessi - trasformazioni fisiche, sociali, economiche o artistiche - in modo chiaro e semplice, mutuando linguaggi, tecniche e tecnologie dei sistemi di comunicazione, della pubblicità, ma anche del giornalismo, rendendoli disponibili su piattaforme differenti così che tutti li possano utilizzare”

Perché non riusciamo a farlo?
“Il problema non è solo del turismo, le occasioni si perdono su più fronti. Perché alla velocità e reattività di quella che viene definita la società ‘reale’ non corrisponde un mondo istituzionale altrettanto attento e pronto, ingabbiato com’è in iter e procedure, in complicazioni politiche, tattiche e tecniche, che bloccano l’operatività”.

Eppure il vostro progetto ‘Grand Tour, un anno di viaggi in Italia’ esiste perché patrocinato dal ministero, rientrando all’interno degli stanziamenti relativi al portale www.italia.it, 45 milioni di euro, se non erro?
“Il progetto è stato ideato e realizzato prima di ottenere il patrocinio e soprattutto è stato messo a disposizione del portale Italia.it gratuitamente su richiesta del ministero. I fondi per il portale erano stati già stanziati (addirittura dal precedente governo), dunque GrandTour non rientra in tali stanziamenti. Tuttavia, essendo stato ritenuto, sia da Ministero sia dalle Regioni, valido ed efficace, GrandTour sarà adottato (il Piemonte lo ha già fatto) e probabilmente finanziato con parte dei fondi destinati al portale, ma non solo con questi fondi e non necessariamente. 6 milioni di euro è il costo complessivamente stimato per la realizzazione di GrandTour . Un progetto trasversale rispetto a Stato e Regioni, per comunicare un’italianità condivisa, attraverso caratteristiche territoriali distinte e specifiche. Un format che si compone di 52 film concepiti per la tv, per un totale di 365 clip, sette a film, in 5 lingue diverse, che raccontano percorsi di una settimana in differenti regioni, attraverso la voce di un viaggiatore. Una multipiattaforma in cui web, podcast e mobile consentono non solo di vedere ma anche di esplorare interattivamente i luoghi, grazie all’associazione a specifici link. Siamo partiti dal Piemonte. Oggi è disponibile il film su Torino, a seguire un itinerario sulle Langhe, uno attraverso le residenze reali e poi Sardegna e Molise”.

Parlando di territorio e trovandoci a Milano, viene spontaneo chiederti: a che punto è la nostra città?
“Da alcuni anni vive una sorta di ‘abbandono’, nel senso di mancanza di sviluppo. Come se si limitasse a perpetuare all’infinito la sua situazione, quando intorno a lei tutto cambia. Può ancora vantare eccellenze e primati, nella moda, nella pubblicità, nella televisione, ma è come se ogni giorno perdesse qualcosa, un pezzetto di supremazia. Soprattutto perché oggi ci sono altri centri che lavorano per guadagnarla”.

 

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