Pastore/Brand Portal: integrato? Prima guarda com’è il business
29/05/2009
Sintomatico che un’associazione come The Ruling Companies metta sotto processo la marca. Meglio, il modello tradizionale con cui le aziende si sono abituate a costruirla e intenderla. In ragione di un’attualità per cui l’incertezza dell’efficacia degli investimenti pro awareness non è più tabù, soprattutto alla luce della velocità con cui le nuove generazioni ‘consumano le marche’ in una sorta di infedeltà collettiva, che lascia impreparato il marketing. L’incontro, che si è svolto ieri a Milano, ha visto sfilare le ragioni di accusa e difesa, attraverso le arringhe di relatori selezionati ad hoc. A youmark è interessato conoscere il parere della comunicazione. Lo ha fatto in questa intervista a Gianluca Pastore, ad Brand Portal.
Hai partecipato, e ti sei schierato, contro. Sostenendo che quanto è stato è stato, finito, superato. Ci racconti in sintesi la tua arringa?
“La provocazione è stata interessante. Capire se e fino a che punto sia cambiato il modello di business della marca, lasciando a me parola per raccontare quanto sia successo in termini di comunicazione. Potendo avvalermi di un osservatorio privilegiato quale Brand Portal è, visto che i brand che a noi si rivolgono abbracciano a monte il percorso della multicanalità. L’assurdo è che invece il mondo della comunicazione sembra non accorgersi del cambiamento. I dati Nielsen parlano del 53,5% degli investimenti dirottati sulla tv, peggio che nel 2001, quando si superava di poco il 50%. Se si aggiunge poi la percentuale destinata alla stampa (33,7%), il ‘superclassico’ vale quasi tutto. E anche se i meccanismi aziendali per cui ciò avviene sono chiari, non si giustifica la preclusa capacità di entrare in relazione con un consumatore completamente cambiato. E’ come se tra comunicazione e target vi fosse uno scollamento. Con la complicità degli strumenti di misurazione, ancora incapaci di ragionare analiticamente le multicanalità. Oggi il consumatore è coautore della storia della marca, è sicuramente più complicato entrarci in relazione, così come poi gestirla in ottica di biunivocità. Ma, come sempre, le cose più difficili da raggiungere sono quelle che danno più soddisfazione. Quelle che durano più a lungo nel tempo. Quelle che predispongono alla fedeltà”.
Una posizione anche rischiosa, perché parlare così di fronte a un pubblico di aziende, possibili clienti, potrebbe significare tirarsi la zappa sui piedi, no?
“Non credo. Anche perché ridurre o togliere la comunicazione oggi è follia. Magari 15-20 ani fa una marca avrebbe anche potuto permetterselo. Non ora. Energia, tecnologia e comunicazione, infatti, sono i temi che caratterizzano questo millennio. Da tutti i punti di vista. dal marketing alla politica, sino al futuro dello stesso pianeta. Per questo è necessario che la comunicazione evolva. Il consumatore non è più sincronico con quello che le aziende stanno facendo”.
E i vostri clienti?
“I nostri sono clienti illuminati. Chi viene da noi ha già fatto una scelta di apertura. L’esperienza che dal 2001 in poi abbiamo accumulato ci rende unici. Il nostro approccio è neutrale. L’adv da noi vale il 28%, l’online è in crescita al 26%, il resto è suddiviso tra comunicazione one to one, eventi, marketing diretto, publishing”.
Insomma, il modello Brand Portal rispecchia le nuove esigenze della comunicazione contemporanea, al punto da farne formula italiana da esportare all’estero (vedi la nascita di Flumen e l'apertura a Madrid). Ma secondo voi, svelata la formula svelata la via del successo? Insomma, quanto è difendibile e differenziante oggi un modello organizzativo, di ragionamento e di pensiero, basato sull’integrazione, visto che tutta l’offerta, o quasi, dichiara di fare altrettanto e di organizzarsi di conseguenza?
“Differenziante non è tanto l’idea di integrazione, di neutralità. E’ il farla. E’ know how multicanale costruito nel tempo, da chi sin dalla nascita ne fa esperienza”.
Ma prima eravate soli, oggi no. Non temete la concorrenza?
“Integrazione non è somma algebrica di attività. E’ altro. Non basta annettere. Partire dall’advertising e declinarlo su altri mezzi non significa innovare. Già dal 1980 si ragionava così. Comunque, è un bene che oggi tutti ci provino, significa concorrenza buona. Ma il cliente dovrebbe sempre chiedersi che ricaduta ha in termini di business l’integrazione per la struttura sotto esame. Altrimenti restiamo alle intenzioni”.
Avete di recente aperto la sede di Madrid. Ora a chi tocca?
“La prossima inaugurazione sarà a Londra”.
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