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Marco Lombardi, presidente Young & Rubicam Brands Italia, a proposito di ‘Good morning brand!’
'Good morning brand'
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'Good morning, brand!' Good morning Y&R!

29/04/2009

Periodo intenso per Y&R. In attesa della conferenza stampa che a breve presenterà la nuova sede di via Tortona (emblema di una riorganizzazione che vuole l’integrazione farsi must, con il planning e il digitale a servire trasversalmente tutto), ma anche dell’ingresso del nuovo direttore creativo (di cui, seppur ufficialmente nulla si dica, ormai si sa quasi tutto), ieri a Milano l’agenzia ha presentato la settima edizione del Bav (BrandAsset Valuator), sfociato nello studio per cui la crisi potrebbe farsi trampolino per la fedeltà alla marca. Youmark c’era. Così, riassumendo le principali evidenze emerse, vi propone anche lo scambio di battute con Massimo Costa, chairman & ceo Emea, nonché presidente e ad Young & Rubicam Brands Italia, a proposito di trasloco, integrazione, profitti, borsa e Vicky Gitto. Ma anche quelle con Marco Lombardi, presidente Y&R Brands, con cui siamo entrati nel vivo di ‘Good morning brand!’. 

Insomma, la voglia di parlare sta tornando anche a lei. A questa agenzia che da tempo sembrava china sul tavolo del business, senza condividere con il mondo il suo pensiero. O, almeno, senza farlo con la stampa. Probabilmente aspettando di avere dei contenuti forti da trasferire. Che ieri hanno fatto il loro primo esordio, annunciando appuntamenti successivi. Quasi sicuramente nella location della nuova sede, magari dando pure voce al direttore creativo in arrivo a breve. Ma questo si vedrà. 

Fatto sta che l’occasione è stata la presentazione dello studio risultante dalla settima edizione del Bav, indagine sul consumatore che l’agenzia sviluppa in oltre 50 paesi, dal 1993. A livello italiano traducendosi in 2620 interviste ad adulti che hanno fornito la loro valutazione su 1429 marche, lo scorso marzo. Il primo grande dogma da trarre dovrebbe essere che il passato insegna. Ma il condizionale dimostra come spesso sia più facile fare gli struzzi, tamponando anziché modificare. Con l’aggravante che, mentre le due grandi crisi di ieri (’93 e 2001) furono per così dire monotematiche (rispettivamente economica e finanziaria), l’attuale è duplice, muovendo da entrambe le cause. 

Significa che altrettanto complesse devono essere le risposte. Ma andiamo con ordine. Il problema è che la fedeltà alla marca è in declino. Sicuramente non si tratta di novità, bensì di un leitmotiv dei periodi di crisi. Ma oggi alle ragioni del portafoglio si sommano quelle della diminuita fiducia, della minore credibilità che le istituzioni (e i brand sono tali) sanno trasmettere. 

Così, se nel post ’93 emblematiche furono le strategie di marche come Barilla, Ikea e Danone che, puntando essenzialmente sul pragmatismo, seppero proporre il miglior rapporto qualità prezzo fedelmente alle promesse di prestazione, con concretezza e semplicità, in relazione alla successiva crisi del 2001, Consorzio del prosciutto di Parma, Dove e Coop, possono essere plaudite per credibilità, riconquistando la fiducia e la fedeltà dei propri consumatori, mostrandosi autenticamente e solidamente a loro vicine. 

Oggi a valere è la somma. Nel senso che gli obiettivi devono essere cavalcati entrambi. Senza che uno dimentichi l’altro. In nome di un’autenticità che sfocia nella responsabilità
. Seppur non pochi imprenditori e manager nostrani sembrano dimenticarsene, vittime delle vendite del subito o della trimestrale di borsa, che finisce per tradire le manifeste attese ‘verdi’ del pubblico contemporaneo, per loro natura vogliose di prospettive di lungo. 

Volendo concentrare l’attenzione su casi da imitare, in termini di comunicazione viene nominata l’ultima campagna Barilla, con la storia dell’azienda a fondersi con quella delle famiglie dei suoi consumatori, ma anche la direzione intrapresa da Telecom, dall’epoca dello spot istituzionale con Ghandi ad avoicomunicare. Lanciando la sfida di un ‘new deal’ tra brand e consumatori che, incentrato nei paradigmi dell’autenticità, della concentrazione sul core target (ossia su chi è già fedele) e sottolineando la necessità di espandere il più possibile l’esperienza di marca, riesca a regalare certezze al consumatore, in termini di rapporto qualità prezzo, ma anche di valori istituzionali. Portando alla ribalta l’equity e il carattere della marca.

 

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