Fallon: contano solo i premi difficili da vincere
19/12/2008
Perché anche loro servono all'advertising per fare business e misurano il vero valore creativo di un'agenzia. Non considerando, invece, quelli 'generosi', che in nome del loro tornaconto danno un podio a tutti. Lo dice a youmark Al Kelly, executive creative director, intervistato in occasione della fase finale del progetto 'We are Fallon', con i 127 premi 'donati' all'agenzia che hanno dato vita a una targa di circa 80 chili.
Per sentirsi più al caldo, a Minneapolis hanno deciso di fondere Leoni di Cannes, One Show Pencil, Clio, Emmy e gli altri trofei che sono finiti nelle loro mani. Battute a parte, il motivo è un altro e si chiama 'We Are Fallon Project', nato prima dell'estate per celebrare i trent'anni dell'agenzia e il trasferimento nella nuova sede. Dal sito youarefallon.com creato per l'occasione, e dove ora si possono vedere tutte le campagne che lo hanno reso possibile, è stato lanciato un appello. Invitava chiunque fosse 'passato' da Fallon nel corso di questi anni e vinto un riconoscimento intanto che lavorava lì a 'restituirlo'. Ne sono stati raccolti 127, da altrettanti talenti creativi oggi sparsi per il mondo. La targa nata dalla loro fusione ora campeggia nel nuovo palazzo.
I premi continuano dunque a essere importanti?
"L'advertising è per metà business e per metà arte. L'aspetto business si misura con le vendite e il market share. I premi mettono in risalto la parte artistica. Sono importanti per i creativi e le agenzie perché rappresentano la misura 'pura' della creatività. E una pubblicità senza creatività non può che fallire. Ma per 'YouAreFallon', i premi non avevano valore per la competizione in sè, quanto piuttosto per ciò che significavano: la storia dell'agenzia, le persone e tutto ciò è stato necessario per la realizzazione di una campagna".
Quali sono oggi i premi che contano in pubblicità? Come distinguere quelli che hanno valore e significato da quelli che non ce l'hanno?
"Ad alcuni premi, come il One Show, il Festival di Cannes o il D&D, si iscrivono migliaia di campagne. Però sono poche quelle che riescono a salire sul podio. Ecco perché sono ambiti. Altri premi sono più generosi e distribuiscono un maggior numero di riconoscimenti. Per questo hanno meno valore".
Con 'We Are Fallon' sembra che abbiate voluto sottolineare il legame con le persone che hanno lavorato per l'agenzia. E il successo dell'iniziativa ne è una conferma. Significa che lavorare per Fallon è un'esperienza che ti accompagna per tutta la vita?
"I creativi sono famosi per passare da un'agenzia all'altra, cambiando ogni due o tre anni. Ma alcune agenzie assomigliano più a una famiglia, un posto dove poter restare più tempo. Anche cinque, dieci, vent'anni. Per crescere, imparare e realizzare il lavoro migliore della propria carriera. Lavorare in una di queste agenzie è un privilegio. E allora diventa un'esperienza di vita".
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