Ventolone/Natuzzi: assemblata non ci interessa. Per la strategia, non ore ma Roi
20/10/2008
L’obiettivo è strategico. Arricchire la propria comunicazione sinergicamente al nuovo posizionamento total living di Natuzzi e, di conseguenza, ragionare su Divani & Divani. Per questo è stato indetto un giro di consultazioni e non una gara, per una consulenza che spazi sul lungo. Premettendo di non amare la remunerazione a ore, perché non è con l’aumento del tempo dedicato che si migliora la qualità della strategia, preferendo chi punta al Roi, di agenzia e azienda. Contro anche la comunicazione integrata. Non discussa nel concetto, ma nell’ applicazione al business. Perché gestione e coordinamento ricadono sempre sull’azienda. Con i network che non integrano, assemblano. Giacomo Ventolone, direttore comunicazione Gruppo Natuzzi, lo racconta a youmark.
Chiuso lo scorso agosto il rapporto con Jwt, è di appena venti giorni fa la notizia del via da parte del Gruppo Natuzzi a una nuova perlustrazione creativa, coinvolgendo D’Alv BBDO, Publicis, Leo Burnett e TBWA\Italia.
Dato per acquisito che siete alla ricerca di un nuovo partner, perché non avete fatto direttamente ricorso alla gara?
“Con la fine del rapporto con Jwt si è chiuso un ciclo. Stiamo ragionando il 2009, riflettendo su come arricchire la nostra comunicazione in termini strategici. Sia come marca sia a livello di brand. Partendo da Natuzzi, il cui business è per il 90% all’estero (unico punto vendita italiano quello di via Durini a Milano), virando oggi verso un posizionamento total living, di cui ultimo lancio sono stati i tavoli e le sedie, su progettazione del nostro centro stile, coordinato dallo stesso presidente, Pasquale Natuzzi. Pensando poi di conseguenza a Divani&Divani, per cui è in corso un programma di intervento sulle location dei 125 negozi italiani. Siamo alla ricerca di una partnership strategica, di una visione di lungo. Ricordando il ruolo che continua ad avere la nostra struttura in house, coprendo esigenze trasversali, above e below the line, progetti speciali, web, coprorate identity, monografie”.
A proposito, sapete che la creatività di un vostro concorrente è stata di recente citata dal direttore creativo di una grande agenzia come cattivo esempio di comunicazione contemporanea, riferendosi a dive all’amatriciana che ammiccano da un sofà, insomma, come reputate la vostra di Divani & Divani?
”Discutere di creatività senza partire dal posizionamento di un brand è gioco fine a se stesso. In ogni caso per le nostre campagne abbiamo ricevuto diverse positive conferme. E poi a parlare sono sempre i risultati di vendita.”.
Ossia, come sta andando il mercato?
“Si duplica. Da una parte i mercati maturi, più sofferenti e in calo. Dall’altro i nuovi. Con medio oriente, Cina ed Est Europa a crescere a doppia cifra. Natuzzi è oggi in quaranta diversi paesi, per un totale di 200 punti vendita monomarca e 400 shop in shop/corner”.
Tornado al giro di ricognizione, per quando la sentenza?
“Per fine anno”.
Qual è il budget in gioco?
“Nel 2008 abbiamo speso in comunicazione 26 milioni. Quasi tutti in pubblicità. E la cifra tenderà ad aumentare nei prossimi anni”.
Quasi tutti in advertising classico. Non credete nel resto?
“Il media mix va ragionato sul profilo del cliente, sul contesto geografico, sulle peculiarità del mercato e del modello distributivo. In Italia, ad esempio, la tv ha un ruolo di prim'ordine nel veicolare la nostra comunicazione corporate”.
Non abbiamo parlato di integrazione. Cosa ne pensa?
“Non esiste. Nel senso che i network hanno allargato le proprie competenze, diversificando l’offerta di servizi. Ma si tratta di comunicazione assemblata, non integrata. E’ molto difficile trovare un consulente che si affianchi nella gestione dell’integrazione. Il coordinamento viene sempre scaricato sull’azienda. Le agenzie non hanno ancora sviluppato la necessaria mentalità imprenditoriale”.
Cosa cercate, che caratteristiche deve avere il vostro partner?
“Capacità di lettura e di interazione strategica. Affiancamento sull’evoluzione. Visione globale. Abilità nel proporre nuove sfide e nuovi linguaggi. Così come di interpretare i valori del brand, traducendoli in creatività, di impatto ed elegante”.
Qual è la forma di remunerazione che preferite?
“Sicuramente non quella a ore. Ogni consulenza è legata a obiettivi, che devono essere chiari, così come i risultati, e tradotti sulla base dell’ampiezza e della profondità dei piani necessari a realizzarli. Quando si lavora a livello strategico e creativo, è impossibile che la qualità delle proposte aumenti in relazione al numero di ore. Meglio un fee ragionato sul Roi, di agenzia e azienda”.
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