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'Il Futuro della Pubblicità', gli investimenti in comunicazione in Italia 2007-2008. Ricerca predittiva condotta da Astra/Aires per Upa


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Il Futuro della Pubblicità: che gran casino

24/09/2008

Ormai è palese. Siamo in recessione. Il mondo cambia. I modelli di ieri non reggono più. La parola d’ordine è incertezza. Si brancola nel buio. Ma quello che più sbalordisce è il commento. Non tanto ai dati dell’ultima edizione de ‘Il Futuro della Pubblicità’, la tradizionale ricerca predittiva Upa, presentata ieri a Milano, quanto ai modi da cui ripartire a ragionare il domani. Tutti, infatti, vorrebbero rivedere il boom degli investimenti in comunicazione, l’offerta per l’immediato riscontro in bilancio, la domanda perché significano prosperità del business, ma il comune fine non ha ancora garantito il dialogo. E per le aziende, a peccare in propensione alla consulenza, creatività e proposte sono proprio i mezzi. 

Azzardiamo un’assoluta semplificazione. Il futuro della comunicazione parla di qualità sotto tutti i fronti. Da parte dell’azienda per la necessità di concentrarsi ancora sui fondamentali, dunque prodotto e marca, dal lato dell’offerta per il bisogno di emergere grazie a una consulenza che si fa strategica. 

Nel senso di capacità di vestire il nuovo in modo specifico ed articolato, gestendo l’incertezza, anticipando, sperimentando, puntando all’ottimizzazione dei budget di ogni cliente e brand. Essendo anche disposti a pensare che tutto ciò ha un prezzo, decretando l’impraticabilità di un mondo low cost. 

Perché non sempre ridurre è possibile, se non rinunciando alla qualità. Per questo il domani parla di collaborazione, dialogo, comune ricerca di soluzioni, innovazione, misurazione. Tra i due soggetti in gioco non ha senso alcun conflitto, dovendo mirare entrambi ai medesimi obiettivi, seppur per diversi scopi. Anche a costo di lasciare sul campo le proprie vittime, in un’evoluzione darwiniana, che appare disegnare le più probabili ipotesi del futuro. 

Che resta a detta di tutti incerto. Al punto da generare domande, non risposte. Il che non equivale a pessimismo. Le aziende oggi chiedono campagne create sulle loro specifiche esigenze. Innovative, flessibili. Le stesse classificazioni dei mezzi cedono il passo, offuscate da nuove logiche, per cui l’integrazione è tutto.
 
In termini di cifre, il mercato della comunicazione si mostra stabile nei valori nominali, in flessione se confrontato all’inflazione. Ma, soprattutto, è confuso, senza direttive, riuscendo difficile agli utenti esprimere previsioni in un contesto così repentinamente mutabile. 

Anche in relazione ai mezzi, il dato medio vale sempre meno. Ad aver valore è il dettaglio, caratterizzando una situazione estremamente disomogenea. In ogni caso, comunque, nessuno parla di ripresa prima della seconda metà del 2009, anzi, più realisticamente si guarda al 2010.

 

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