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Campagne virali, Competitrack lancia una misurazione

14/06/2007

L’istituto di ricerca americano ha realizzato anche un’indagine. Esaminate 3.000 iniziative realizzate da oltre 800 aziende. Lo studio stima che il 60% delle iniziative siano spot nati per il piccolo schermo e poi trasferiti sul web. 

Le campagne virali escono allo scoperto e si conquistano uno spazio sempre meno di nicchia e sempre più strategico all’interno del mix di comunicazione delle aziende. A conferma del trend in ascesa, arriva dagli Usa una ricerca targata Competitrack (www.competitrack.com), che ha esaminato 3.000 campagne virali realizzate da oltre 800 aziende. Tra queste, la ormai celebre campagna Dove ‘For Real Beauty’ e quella di Unilever ‘Webisodes’ per I Can't Believe It's Not Butter, prodotto alternativo al burro con minor apporto di calorie e grassi. 

Oltre il mass market
Ma gli argini ormai sono stati rotti, come sottolinea Bob Moss, presidente di Competitrack, e le campagne virali non sono più appannaggio esclusivo di prodotti mass market. Assicurazioni, banche, società di servizi finanziari, si affidano sempre più di frequente a questa nuova forma di passa parola per farsi conoscere e far parlare di sé.

I modi del virale
Lo studio individua all’interno di una campagna virale diverse categorie (video, micrositi, giochi, social network, etc.) e stima che il 60% delle campagne virali create dalle aziende siano video, per la maggior parte spot nati per il piccolo schermo e poi finiti sul web. Ma ci sono anche centinaia di video virali prodotti esclusivamente per la Rete. Secondo Moss, le campagne virali più creative consistono solitamente in micrositi, focalizzati su uno specifico brand, che ospitano video prodotti dai navigatori, blog e prevedono altre forme di interazione. Pesano circa per il 25% sul totale delle campagne virali.

Creatività senza menzogna
Competitrack pone l’accento su alcune eccellenze creative, come il microsito di Gillette noscruf.org (www.noscruf.org), sorta di manifesto politico contro gli uomini che non si radono il viso. Moss: “E’ un esempio di campagna dove il brand o il prodotto pubblicizzati appaiono con discrezione o non appaiono per niente. Iniziative che non sono esenti da rischi. Vedi quello che è successo a Sony in occasione del lancio della Psp”. ‘All I want for xmas is a Psp’ - Tutto ciò che voglio per Natale è un Psp – questo il blog aperto lo scorso novembre 
(http://consumerist.com:8045/pspflog/www.alliwantforxmasisapsp.com/blog/default.html). All’apparenza un sito di appassionati della neonata consolle, in realtà un’iniziativa di marketing virale ideata dall’agenzia Zipatoni (www.zipatoni.com/) che, una volta scoperta dal popolo dei blogger, ha coperto di ridicolo l’azienda. “Solo attraverso la sperimentazione - conclude Moss - le aziende potranno trovare il giusto equilibrio tra creatività, sincerità e illusione. Il giusto mix fra queste variabili rende efficace una campagna virale”.

Intanto Competitrack si appresta a lanciare un servizio di misurazione per i video virali che include alert quotidiani per le campagne in uscita e accesso ad un archivio. Il costo oscilla tra i 5.000 e i 10.000 dollari l’anno.


 

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