Andrea Baccuini/It’s Cool: non accontentatevi di chi lo fa per budget
01/07/2008
Il mercato degli eventi fa gola a molti. Perché è uno dei pochi dove i margini tengono. Ma dove la specializzazione dovrebbe essere tutto. Distinguendo chiaramente tra chi li sa fare consumer e chi corporate. Diverse, infatti, sono le strutture e l’esperienza necessarie per supportarli. E qui sta il punto. Esperienza. Perché non dovrebbero esistere gare in cui competono tutti, dagli spin off che hanno un ‘brand’ da offrire alle promozioni, dai centri media alle agenzie viaggio. E a non averlo ancora capito, purtroppo, sono anche le aziende. Andrea Baccuini, direttore creativo It's Cool, condivide con youmark i suoi perché.
Partendo dal fatto che troppo spesso le riviste di settore sfoggiano eventi senza nulla di nuovo da dire. Ma è naturale se per realizzare l’opera l’agenzia in questione ricerca nel passato, non avendo una propria specifica esperienza a fare benchmark.
Questo il punto. Sono le aziende, i clienti, a doversi responsabilizzare nelle scelte. Perché per ottenere il massimo devono imparare a distinguere, sapendo rivolgersi a realtà specializzate. Con gli eventi consumer e quelli corporate a definire differenti mondi. Ricordando che solo chi ha già fatto può creare, gli altri copiano.
A un certo punto della sua storia, infatti, ogni agenzia dovrebbe decidere da che parte stare. Come è successo a It’s Cool che oggi punta al corporate, dopo gli esordi nella moda e il trascorso sul territorio, dai concerti di piazza ai tour, con quello gigantesco per Sky a diventare emblema di quell’era. Terminata, appunto, con il 2003 e il sopravvento della comunicazione interna a core business.
Suggerendo alle aziende e ai loro uffici acquisti di non pensare solo al budget, ma soprattutto alla comunicazione. Il che non significa dimenticare il conto economico, quanto, sulla base di un investimento fissato, instaurare un rapporto con l’agenzia, nell’interesse di entrambi.
E un progetto, l’arco temporale di una sola gara, di certo non bastano. Perché così non ci si conosce, non si penetra il Dna delle marche e della loro organizzazione. Ed è un peccato. Basterebbe che anche per gli eventi ci fosse ‘in premio’ un periodo. Benissimo un contratto annuale, dodici mesi su cui farsi misurare, coprendo le diverse necessità in tema.
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