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I professionisti con P.Iva chiedono voce

01/04/2008

Ai molti formatori, consulenti, art director, creativi, traduttori, archeologi, insomma al milione e mezzo di persone che lavora con la partiva iva sembrerà strano apprendere che per politica e istituzioni rappresentano un corpo nuovo e sconosciuto, mai effettivamente considerato. Per ignoranza. Nel senso vero del termine. Con le discussioni sul lavoro a focalizzarsi su dipendenti e precari, senza accorgersi che il mondo è cambiato. Dovendo incolpare di tale assenza anche i media. Ieri, a Milano, questi professionisti senza ordine si sono per la prima volta incontrati. Hanno ascoltato il punto di vista politico e hanno espresso il loro, attraverso la voce delle loro associazioni. Acta, Aica,  Ailog, Aisl, Aism, Atema, Avi, Tp, Ancot, Ana. 

Perché l’evoluzione del mondo del lavoro dovrebbe portarli in palmo di mano. Professionisti autonomi. Altamente qualificati. Che per loro stessa natura sono depositari di innovazione. Che della formazione fanno vantaggio competitivo. Flessibili. Che non ambiscono al lavoro dipendente. Semplicemente vorrebbero poter continuare a svolgere il loro. In modo autonomo. Senza dover subire il peggio della condizione subordinata e il peggio di quella d’impresa. Perchè in realtà lì si collocano. In un’area di limbo, bersagliata dalla legislazione in tema previdenziale e fiscale. 

Si concentrano maggiormente al nord, nelle aree metropolitane, alimentando il terziario avanzato. Anche se sono stati sempre sottovalutati. A partire dal loro numero, ufficialmente stimato nelle appena 260.000 iscrizioni alla gestione separata Inps, contro il milione e mezzo dì individui conteggiati dal Cnel, annettendo coloro che sfuggono alla ‘separata’, rientrando negli ordini professionali, nella categoria artigiana, o diventando società. E sono soprattutto donne. 

Cosa chiedono? Innanzitutto un’identità. Perché sino ad oggi tutti i governi che si sono susseguiti non hanno fatto altro che arginarli in categorie ormai obsolete. Trattandoli come dipendenti mancati. Assimilandoli ai subordinati in tema previdenziale e alle imprese in campo fiscale. 

Ecco perché urge un cambiamento. In tema previdenziale con la richiesta del blocco dell’aumento delle aliquote Inps. Oggi pari al 26%, superando quelle dei dipendenti e raddoppiando quelle dei professionisti con ordine. Ma non solo.

Estensione dei benefici fiscali presenti per i dipendenti per il finanziamento del pilastro privato, così da permettere di compensare gli scarsi rendimenti attesi dalla pensione pubblica con il sistema contributivo. 

Possibilità di totalizzare gratuitamente i contributi versati in diverse gestioni e di trasferire verso altre gestioni quanto versato alla gestione separata. 

Definizione di misure transitorie per chi senza garanzie e incentivi da tanti anni lavora e paga le tasse ma rischia di non raggiungere nemmeno la pensione minima. 

Riconoscimento della malattia non ospedalizzata e dei congedi parentali. 

Definizione dei confini tra lavoro autonomo e dipendente, così da realizzare: eliminazione dell’Irap, semplificazione burocratica, pagamento dell’Iva solo dopo l’incasso delle fatture, eliminazione addizionale per versamento Iva trimestrale. 

Ripensamento del sistema di detrazioni Iva e di deduzioni delle spese inerenti all’attività. Dunque: deducibilità totale delle spese per formazione, telefono e internet, maggiore deducibilità spese auto e rappresentanza. 

Modifica degli strumenti di controllo, in particolare studi di settore. 

Agevolazione fiscale per assicurazioni private
miranti a tutelare le situazioni di non lavoro per malattia.

 

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