Paolo Virzì: il nuovo linguaggio della commedia italiana
27/03/2008
Gli piace fare come gli pare. Per questo non ama troppo occuparsi di spot. “Dove magari ti dicono che quel blu lo è troppo”. Fa deroghe solo se a tenergli compagnia ci sono attori come Abatantuono, ai tempi di Buitoni, o la coppia Mike-Fiorello, per i più recenti Infostrada. Perché allora “è un gran cazzeggio”. Dopo aver assistito alla prima milanese del suo ultimo ‘Tutta La Vita Davanti’, insieme agli applausi per un film che con il sorriso lascia il suo segno dentro, youmark ha chiacchierato con Paolo Virzì, e non solo. Vi proponiamo, infatti, anche le interviste a Isabella Ragonesi, Marta la protagonista, e Michela Ramazzotti, la Sonia del film.
E’ la volta dei precari. Raccontati con ironia dalla regia di Paolo Virzì nel suo ultimo film ‘Tutta La Vita Davanti’ in uscita domani nelle sale italiane e presentato ieri a Milano, dopo gli applausi della prima romana il giorno precedente. Nel cast Sabrina Ferilli, Elio Germano, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Michela Ramazzotti e Isabella Ragonesi, la protagonista. Mentre la sceneggiatura è di Francesco Bruni.
La storia è ispirata al libro della scrittrice sarda Michela Murgia 'Il mondo deve sapere’. In realtà uno sguardo ironico, realistico, a tratti persino giocoso, della realtà di una laureata cum laude, e abbraccio accademico, in filosofia, alla quale non resta che l’alternativa del call center.
Un mondo stile ‘grande fratello’, un orwelliano ‘villaggio vacanze’. In cui lei, punto di vista narrativo, si trova suo malgrado inserita, ma senza farne parte veramente, con il distacco di chi si sente ‘straniero’. Mai snob, neppure intellettualmente.
Una commedia all’italiana che lo stesso Virzì stenta a riconoscere tale, nel voluto ‘respiro nero’ che ha caratterizzato la ricerca di un nuovo linguaggio. Testimoniato anche dalla tecnica di ripresa, con il regista a dare per la prima volta 'libero sfogo al dolly', come da lui stesso raccontato a youmark.
Perché è l’Italia a essere cambiata, esteticamente e nell’anima. Con Roma a mostrarsi copia, ‘vorrei ma non posso’ di Miami o Singapore. Con quartieri simili ai centri commerciali di Zurigo.
In una società sinistra e feroce, permeata da un sentimento di inespressa infelicità che accomuna. Tanto che il finale sente di dover lanciare una nuova ‘speranza’, nel pranzo improvvisato in un giardino nella Garbatella. Con tre generazioni femminili diversamente ferite che si incontrano, in un piccolo momento di pace. Un auspicio. Il richiamo alla solidarietà quale via di salvezza dalla ferocia contemporanea.
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