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Carlo Freccero: RaiSat non è un castigo

22/02/2008

Nessun complesso. Né nei confronti dei precedenti incarichi che, tra gli altri, agli inizi degli anni ’80 lo vedevano dirigere i palinsesti di Canale 5 e Italia 1, né nei confronti di Sky. Come dire, la presidenza RaiSat non è una punizione, intendendo impegnarsi con la stessa responsabilità di sempre. Forte di alcune convinzioni. Tra cui la confermata supremazia della tv generalista, che resta matrice, trovando nel digitale l’opportunità di moltiplicare la propria offerta. Carlo Freccero racconta la ‘sua Rai’, con qualche anticipazione sul 4° canale. In politica, poi, un plauso alla strategia di Veltroni, che convince soprattutto per il suo pragmatismo da sindaco. "Ma il paese è di destra". 

Con la raccolta pubblicitaria tornata in casa Sipra, i tre canali Raisat - Cinema, Premium ed Extra - guardano al futuro. Il che si traduce nella stima di un fatturato 2008 pari a 6 milioni di euro. Con il nuovo nato Rai Gulp a sorprendere le aspettative, superando di ben sei volte l’obiettivo dei 5.000 telespettatori al giorno e puntando a una raccolta di 1,3 milioni entro fine anno. 

La strategia editoriale porta la firma di Carlo Freccero, che pragmaticamente ha definito i propri piani sulla disponibilità effettiva di risorse, vedendo nel palinsesto la chiave di promozione, anche per il satellitare. Soprattutto quando non c’è il sostegno di un prodotto così forte da poter fungere da traino. Il lavoro, dunque, ha puntato sull’impaginazione, sulla combinazione inedita di identità. Giocando di contro programmazione. 

Perché Freccero ne è convinto. La tv generalista non è in crisi. E molto c’è ancora da fare, con la Rai a poter sfruttare l’occasione satellitare per recuperare il ruolo di servizio pubblico. L’altra faccia dell’utilizzo di internet che cresce, infatti, è la persistenza del problema dell’analfabetismo, che colpisce oltre 17 milioni di persone. 

Senza dimenticare come la cosidetta ‘coda lunga’ resti teoria inattesa nella definizione delle pianificazioni, continuando le concessionarie a ragionare sui grandi numeri. Che poi sono prerogativa tipica della tv. Che la distingue dagli altri media. 

La condivisione, infatti, qui diventa motivazione, sino ad arrivare a dire che senza numeri non può esistere televisione. Con la generalista a essere matrice del digitale, in una interazione tesa a raggiungere determinati volumi d’ascolto. Basta pensare al ‘Grande Fratello’, a come ormai serva più alle reti digitali, che non alla casa madre. E identico ragionamento si può estendere agli eventi, ai festival, con il digitale a poter fungere da canale di sbocco dei successivi utilizzi del materiale disponibile. 

Tra digitale e satellitare, poi, i compiti sono distinti. Il primo a vestire le esigenze di personalizzazione, che caratterizzano sempre di più la ‘maturità’ di un pubblico forte di competenze, autonomo nelle scelte. Il digitale, infatti, parte da stili di vita, da culture di genere. Seppur dovendo poi trasformare tali nicchie in maggioranza, facendo leva sulla condivisione. Non a caso, nella piattaforma Rai, ha il compito di portare nuovi pubblici, pensando soprattutto ai teens, intesi come target aperto, globalizzato, contemporaneo. 

Il satellitare, invece, ha un obiettivo di servizio pubblico, con valenza culturale. Facendo perno su un ascoltatore ‘avvisato’, che sceglie questi canali per l’approfondimento. 

In merito alla futura Rai 4, poi, di sicuro dovrà parlare ai teens, target che da tempo ha abbandonato la Rai. Dunque si dovrà puntare sulla sperimentazione, con moduli di mezz’ora e un’ora, lanciando nuovi volti. Seppur l’acquisto resti prioritario rispetto alla produzione. Ma la data di partenza non è ancora definita, così come il budget, che poi è prerogativa indispensabile alla definizione di qualsiasi piano. 

Infine, a proposito dei generi che segneranno il futuro della tv, Freccero cita infotainmnet, positivo quando si usa l’intrattenimento per fare informazione e non viceversa, e doc fiction. Difficile, invece, esprimersi in merito al programma che vorrebbe fare. “E’ il luogo da cui parli a deciderlo”, intendendo dire come ci si debba sempre piegare alle risorse.

 

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