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Il rapporto tra 2.0 e business

18/01/2008

Web 2.0. Dunque collaborazione degli user, ossia web service, peer to peer networking, blog, podcast, social network. Tra le imprese, sono ‘early adopter’ quelle più soddisfatte degli investimenti fatti per abbracciare una fetta della suddetta rivoluzione. 

A dirlo è una ricerca internazionale McKinsey che, nonostante rilevi la maggior parte dei dirigenti vedere di buon occhio il cambiamento, segnala anche come lo spirito innovativo dei pionieri sia garanzia di successo. Soprattutto quando dagli user ci si aspetta aiuto per la ridefinizione strategica, si potrebbe non a caso aggiungere.

Insomma, un po’ tutte le aziende del mondo hanno sentito l’effetto dello tsunami 2.0. Il punto è capire il livello della sua partecipazione effettiva al business. Perché, se teoricamente quasi tutti i dirigenti interpellati ammettono l’utilità di queste tecnologie, chiamate anche in aiuto della ridefinizione strategica, spesso la loro effettiva valorizzazione pratica non è altrettanto scontata.

In ogni caso, quasi tutte le realtà intervistate dichiarano di volerci investire di più. Oltre la metà di loro, lo farebbe a seguito della soddisfazione per gli investimenti già stanziati negli ultimi cinque anni. Solo il 13%, invece, si è detto contrariato dai risultati ottenuti, dunque scettico.

Ad essere più convinti, comunque, sono coloro che ci hanno creduto per primi. Ma in realtà, è solo un gruppo, che vale circa un quinto, a poter aggiungere il superlativo per descrivere la bontà dei vantaggi. Guarda caso, di questi il 46% rappresenta ‘early adopter’ e il 44” comunque ‘fast follower’. Come dire, le cose funzionano solo se le si capisce e da subito ci si crede.

Andando a ripensare al proprio comportamento, solo il 18% è convinto che potendo ripartire farebbe le stesse cose. In molti a lamentare il loro ritardo nell’azione, definendo la tempestività foriera di successo, così come altrettanto è la disponibilità di effettive competenze interne, in grado di gestire e promuovere le nuove azioni.

Tra le varie alternative di investimento, i web service vengono menzionati dall’80% del campione, con solo un 6% ad ammettere di non averli nemmeno presi in considerazione. Il 48%, invece, sceglie la collective intelligence, contro il 26 di chi dice ad essa no. Ancora: peer to peer networking, 47% a favore, 28 contrari. Social networking, 37% sì, 39% no. Rss, 35 sì, 42% no. Podcast, Wikis e Blog, rispettivamente con 35%, 33% e 32% preferenza, mentre per tutti si aggira sul 40% la rappresentanza di coloro che non li considerano affatto. Infine, il Mash up, che piace al 21%, contro il 54% di chi non ci pensa nemmeno. Poche, comunque, le aziende che stanno usando almeno due tecnologie contemporaneamente.

Diverse le intenzioni di investimento a seconda dei settori di appartenenza e dei paesi. Sorprendente come a volersi impegnare di più saranno quelli che sino ad oggi ci hanno creduto meno. Relativamente ai settori, in testa alla classifica il Retail, seguito da High Tech, Telecomunicazioni, Servizi Finanziari e Farmaceutico. Tra i paesi, invece, spicca l’India, che ‘batte’ Asia Pacifica, Europa, Cina, Nord America e America Latina.

Ma come si usa il web 2.0?
Il 70% dei dirigenti lo ha impiegato come interfaccia con il consumatore. Nel dettaglio, il 47% dei casi in riferimento ai rapporti con nuovi clienti e mercati, il 34% per customer service e il 19% per garantirsi un canale di feedback. Il 51%, invece, ha preferito concentrarlo su fornitori e partner. Ma l’applicazione che in assoluto convince di più, il 79%, è quella relativa alla gestione delle collaborazioni interne.

 

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